Il calcio prima della Rivoluzione Culturale cinese

16 maggio 1966, per contrastare le forze riformiste capeggiate da Deng Xiaoping, Mao Zedong torna alla ribalta lanciando il movimento noto come “Rivoluzione Culturale”. Il Grande Timoniere sosteneva che il potere usurpato dai capitalisti poteva essere recuperato solo portando avanti una grande rivoluzione culturale. La circolare venne approvata in una conferenza dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese e segnò l’inizio di una campagna decennale che gettò la Cina nel baratro del caos.

Il primo grande tentativo di cambiare la Cina fu dettato dal Grande Balzo in Avanti, lanciato nel 1958: una riforma industriale che doveva portare in pochi anni la Repubblica Popolare a primeggiare in campo economico con i grandi paesi europei, l’obiettivo era quello di superare proprio l’Inghilterra. Si crearono grandi mobilitazioni di massa attorno gli altiforni allo scopo di produrre acciaio in abbondanza. I contadini vennero strappati dai campi per aumentare esponenzialmente la forza lavoro, ma alla fine il risultato fu un autentico disastro che il PCC tentò di nascondere. L’acciaio prodotto era infatti di qualità scadente, affatto competitivo sul mercato. Il tentativo di riforma si era rivelato dunque inutile, ma sarebbe meglio definirlo drastico dopo la grande carestia che ha colpito le campagne, causando milioni di morti.

Mao, estromesso dagli incarichi dirigenziali dalla dirigenza del PCC, era intenzionato a frenare l’ondata controriformista promossa  principalmente da Deng Xiaoping e Liu Shaoqui, per ripristinare l’applicazione ortodossa del pensiero marxista.
Fu portata avanti una lotta di classe da parte dei giovani studenti, “Le Guardie Rosse”, guidate dal volere di Mao, i cui pensieri erano raccolti nel “libretto”, una sorta di Bibbia per l’edificazione di un nuovo culto della persona.
In particolar modo due citazioni spiegano quello che fu la Rivoluzione Culturale:

  • La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra.
  • Lotta di classe — alcune classi trionfano, altre vengono eliminate. Questa è la storia, questa è da millenni la storia della civiltà (da Abbandonate le illusioni, preparatevi alla lotta, 14 agosto 1949, in Opere scelte, vol. IV).

Red Guards — high school and university students — wave copies of Chairman Mao Zedong's Little Red Book during a parade in June 1966 in Beijing's streets at the beginning of China's Cultural Revolution. More than 1 million people are believed to have died during the decade-long uphea

Per portare avanti la lotta di classe era necessario estirpare il passato, una storia di tipo feudale. La Cina iniziò così a scostarsi dalle proprie tradizioni, con l’abbattimento di reperti storici, le persecuzioni religiose e soprattutto il netto distacco dalla filosofia confuciana, in netto contrasto con quella propagandata da Mao. Gli studenti hanno devastato templi, musei, biblioteche e teatri. Nel Tibet, su 6.000 templi ne sono rimasti appena 50. Le università si trasformarono in sedi di guerriglia, nelle quali furono commesse le più grandi atrocità nei confronti degli insegnati e della classe intellettuale.

A cinquant’anni di distanza, così come per la Grande Carestia di fine anni ’50, il è stato tolto il velo di omertà sugli eventi della Rivoluzione Culturale, con la censura che si è fatta meno repressiva, anche se il dialogo sugli avvenimenti continua a seguire le direttive dall’alto. Già nel 1981 la sessione plenaria del PCC definì la Rivoluzione Culturale «un lungo e grave errore», ma ancora oggi i misfatti di Mao sono stati sminuiti anche per quanto concerne il Grande Balzo in Avanti, ed è incredibile come le nuove generazioni sappiano poco o nulla di quegli avvenimenti.

IL CALCIO PRIMA DELLA RIVOLUZIONE CULTURALE

Oltre alle università, anche i campionati sportivi furono totalmente smantellati. Il torneo del 1966 fu interrotto dopo 8 giornate e mai più completato. In testa vi era il Liaoning a quota 14,seguito dal Beijing a 11. Leggendo i nomi delle squadre si capisce come ancora il calcio cinese fosse relegato esclusivamente al dilettantismo. Alla massima competizione, quell’anno ridotta a 10 compagini, partecipavano infatti anche le squadre dei lavoratori di Liaoning e Shanghai, oltre alle giovanili di Jilin e Hebei.

Un calcio ancora all’età della pietra, che aveva deciso di chiudersi in se stesso così come aveva fatto l’intero paese. La federazione calcistica, dopo il riconoscimento di Taiwan, decise di boicottare le manifestazioni olimpiche e della FIFA, disputando tornei amichevoli esclusivamente con le squadre appartenenti al blocco socialista. L’ultima partita disputata dalla nazionale in ambito FIFA fu nel 1957, nelle qualificazioni asiatiche al mondiale di Svezia, la Cina perse il doppio confronto con l’Indonesia. Seguirono sporadiche amichevoli contro Sudan, Albania e Unione Sovietica e due tornei amichevoli vinti in Nord Corea e Nord Vietnam. L’ultima partita della nazionale fu disputata l’11 ottobre del 1960, con la Cina che sconfisse i padroni di casa del Nord Vietnam per 4-3.

Central Sport Institute
Central Sport Institute

A partire proprio dal 1960, Pechino raccolse a se i giocatori della nazionale, con la nascita del Beijing Sport Institute, questo status non gli permise di concorrere al titolo nazionale (nonostante i primi posti nelle edizioni del ’60 e del ’63), compito che spettava alla squadra giovanile che mise in bacheca il trofeo del 1963. L’anno successivo il Beijing Sport Institute partecipò regolarmente al campionato che prevedeva la partecipazione di 12 squadre, trionfando e distanziando solo di un punto Shanghai.

In Cina solamente a metà degli anni ’50 si crearono le prime compagini cittadine. Nel primo campionato del 1951 infatti partecipavano le squadre dell’esercito, delle ferrovie, o compagini regionali come il South West China, il South China, e il North China. Quest’ultima comprendeva giocatori provenienti dall’area di Pechino e di Tianjin. Con la prima riforma, dati anche gli insuccessi, le due realtà si separarono nel 1955, con la formazione della squadra di Tianjin e del Central Sport Institute di Pechino, che vinse subito il campionato, impresa che l’anno successivo fu incredibilmente centrata dalla compagine giovanile, il Beijing Youth B.

GANEFO

La Cina non partecipava alle olimpiadi dal 1952, l’edizione di Helsinki, dato che il comitato (IOC) aveva riconosciuto Taiwan. La Repubblica Popolare partecipò negli anni ’60 alle olimpiadi ribelli e terzomondiste, note come GANFEO (Games of the New Emerging Forces)
Una manifestazione che si opponeva alle Olimpiadi degli stati del blocco occidentale. La prima edizione si tenne in Indonesia, a Jakarta, dopo che il paese asiatico fu sospeso dal comitato olimpico (IOC) per aver rifiutato l’entry card a Israele e Taiwan.
l’Indonesia trovò nel governo di Pechino un grande alleato per la creazione dei GANEFO, inoltre il governo comunista donò 18 milioni di dollari per la costruzione dello stadio di Jakarta.
Dopo aver istituito la nuova organizzazione, i primi giochi si tennero nel novembre del 1963 e videro la partecipazione di 51 nazionali e 2700 atleti, fra cui rientrava anche una delegazione italiana. Fra i paesi più importanti si annoverano Brasile, Argentina, Messico, le nazioni del Maghreb, Francia, Germania, Cina, Filippine, Giappone e la Corea del Nord.

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Se un atleta partecipava ai GANEFO, questi si rendeva ineleggibile per le successive olimpiadi, per volere del comitato. Questa imposizione creò le prime grandi difficoltà, tanto che l’URSS decise di partecipare alle olimpiadi ribelli con una piccola delegazione di atleti che non avrebbero avuto alcuna opportunità di partecipare alla manifestazione di Tokyo nel 1964.
La Cina partecipò a pieno regime ai GANEFO facendo incetta di medaglie, 171 in totale, di cui 68 ori. La Corea del Nord ottenne il quinto posto con 13 ori, alle spalle della United Arab Republic formata da Egitto e Siria.
Nell’edizione calcistica la Cina, nella fase a gironi dopo aver vinto con il Mali (3-1) e pareggiato con l’Indonesia (1-1) fu sconfitta dalla rappresentativa universitaria dell’Uruguay.

La seconda edizione dei GANEFO si tenne in Cambogia nel 1966, e parteciparono solamente nazioni asiatiche. Oltre a un drastico calo nel numero di nazionali rappresentate, 17, diminuì drasticamente anche il numero degli atleti coinvolti, che fu di circa 2000. Anche in questa occasione la Cina dominò il medagliere con 108 ori conquistati, contro i 30 della Nord Corea, seconda forza del ranking al termine della competizione.
Solo sei squadre parteciparono al torneo di calcio, che prevedeva un girone all’italiana. Al termine della manifestazione la Cina ottenne la medaglia d’argento alle spalle della Corea del Nord. Le altre nazionali partecipanti erano Vietnam del Nord, Cambogia, Palestina e Yemen del Nord.

Erano gli ultimi sussulti di vita dei GANEFO, la terza edizione si sarebbe dovuta svolgere a Pechino nel 1970, ma a causa della Rivoluzione Culturale indetta da Mao, il clima sociale e politico era troppo instabile per poter ospitare una manifestazione sportiva, tanto che in quegli anni non si disputarono nemmeno i campionati di calcio.

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Sono nato a Urbino il 2 maggio 1991. Nel luglio 2015 ho conseguito la laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche. Mi occupo di giornalismo sportivo con un'attenzione particolare al lato economico e allo sviluppo del calcio in Cina, che approfondisco nel mio Blog Calcio Cina. Nel febbraio 2016 ho pubblicato il mio primo libro: IL SOGNO CINESE, STORIA ED ECONOMIA DEL CALCIO IN CINA, il primo volume, perlomeno in Europa a trattare questo argomento. Scrivo anche di saggistica (sovversiva) per kultural.eu