Marsiglia, l’era Villas-Boas è destinata a durare?

Quando, il 29 Maggio 2019, dopo una Ligue 1 tormentata e ricca di contestazioni per l’esclusione dalle competizioni europee, il presidente Jacques-Henri Eyraud sceglie André Villas-Boas per la panchina dell’Olympique Marsiglia, in Provenza sembra finalmente esser calato il sereno. Rudi Garcia lascia tra le polemiche nonostante una finale di Europa League raggiunta in pompamagna ed alcune prestazioni storiche: per molti sembra giunto il messia, il gestore di uomini e personalità prim’ancora che il tattico, il perfezionista e l’amante dei particolari André, colui che avrà il compito di rimettere le cose al loro posto.

Da tempo l’OM cercava un allenatore di caratura internazionale, capace di riprendere le redini di una squadra destinata allo sbaraglio e segnata da anni di debiti non ancora saldati: AVB voleva qualcosa di similare alla sua Oporto, in una metropoli che respirasse calcio popolare, ben lontana dai lidi d’oro che erano stati il suo passato, dallo Zenit San Pietroburgo allo Shanghai SIPG, passando per il Chelsea: posti in cui il portoghese aveva tagliato sì traguardi economici, finendo però pian piano nel dimenticatoio calcistico. La passione prima del denaro, con la voglia di riscattarsi e ripartire a testa bassa: senza pretese o richieste esose, le stesse che il Marsiglia non avrebbe potuto mantenere.

Fonte: profilo IG @officialandrevillasboas

Tornato in uno dei migliori campionati d’europa, dopo poco meno di due anni sabbatici fatti di passioni e sogni realizzati (tra cui la partecipazione alla Dakar 2018), Villas-Boas ha dato prova delle lezioni apprese sul campo senza voler strafare sin dal primo momento. Si è seduto sulla panchina del Marsiglia in punta di piedi, ha scrutato la situazione, analizzato e valutato gli uomini che aveva a disposizione, giocandosi le giuste fiches per migliorare la squadra con parsimonia. Ha chiesto ed ottenuto un difensore (Alvaro Gonzalez, in prestito dal Villareal), un centrocampista duttile e di sostanza come Valentin Rongier (13 milioni) dopo un infinito tira e molla estivo con il Nantes, concentrando poi tutte le forze economiche su un attaccante completo, prendendosi il rischio di smuovere Darìo Benedetto dal Boca Juniors e dalla sua Buenos Aires per 14 milioni di euro, con 29 anni e nessun’esperienza europea sul groppone. Il resto della squadra è stato rimodellato sui resti della precedente, affidando le chiavi del gioco ad un Dimitri Payet che cercava importanza nel progetto per riattivare il motore. E, pur rinunciando a Florian Thauvin già da inizio stagione per infortunio (il francese è tornato in gruppo nell’ultima partita, contro l’Amiens) ha saputo scavare tra i giovani dimenticati, con una malgama che ha iniziato a lievitare come il pane senza mai perdere la propria “maglia”.

CONCRETEZZA E DECISIONI INTELLIGENTI

Dopo sei mesi, ci siamo abituati al credo messo in campo dal portoghese, che ha preferito non cercare un’idea barocca di calcio ma attenersi agli uomini, seguendo lo stile e la personalità del suo mentore José Mourinho. Meglio prendersi interamente le responsabilità che gravano attorno alla squadra che mettere pressione ai giocatori: lungi dall’essere stati sei mesi di calcio scoppiettante, Villas-Boas ha messo in campo un 4-3-3 ordinato, con fisico ed aggressività ed un’uscita palla legata spesso alla qualità dei suoi uomini migliori. In porta Steve Mandanda, in versione stratosferica quest’anno e salvatore di più di una partita; in difesa la coppia Alvaro – Caleta-Car, che assieme hanno dato solidità e sicurezze; i terzini, di spinta, Hiroki Sakai a destra e Jordan Amavi a sinistra. Il centrocampo, inizialmente guidato da Kevin Strootman, con ai suoi lati Valentin Rongier e Morgan Sanson, bravi sia a far legna che a fluidificare il gioco con qualità (soprattutto l’ex Montpellier). Davanti, a parte la rinascita di Dimitri Payet e la scommessa ormai vinta di Darìo Benedetto (già a quota 11 gol in Ligue 1), completato dalla  maturazione di Bouna Sarr, una vera e propria spina nel fianco negli ultimi 30 metri.

Senza incensare un gioco sì intelligente ma a tratti lento e riflessivo, la stagione dell’Olympique ha saputo prendere la giusta piega quando serviva, passando sopra la figuraccia di Parigi (4-0 il 27 Ottobre, ndr) per vincere una settimana dopo contro il Lille (2-1 al Vélodrome) e ripetersi la successiva, e con lo stesso risultato, contro il Lione in una delle più belle partite di Payet del 2019. Questi due risultati utili, ottenuti contro due rivali dirette, hanno permesso di continuare il filotto di risultati utili, ingrossando il record di imbattibilità di ben 16 partite, qualcosa di storico.

A livello tattico, Villas-Boas ha avuto tre intuizioni necessarie a cambiare marcia: oltre a rilanciare Jordan Amavi e Duje Ćaleta-Car, che di fatto erano già considerati fuori dal progetto in estate, ha avuto il coraggio di escludere Kevin Strootman a favore di Boubacar Kamara, di base un difensore centrale. Il 20enne ha risposto con prestazioni di alto livello, fornendo una schermatura ulteriore al centrocampo senza lesinare l’impostazione ed il primo passaggio e scoprendosi di fatto adatto ad un ruolo sino ad ora mai praticato. Terzo e non ultimo, molti risultati utili dell’ultimo secondo (tra cui un eurogol contro il Brest il 29 Novembre) sono arrivati dai piedi di Nemanja Radonjic, l’uomo dell’ultima mezz’ora. Il serbo è tornato ad essere la scheggia impazzita che alla Stella Rossa fece innamorare la Roma, trasformandosi in qualche settimana da oggetto misterioso a idolo delle folle.

I PROBLEMI SOCIETARI 

Se quindi il nativo di Coimbra aveva ben studiato l’ambiente e le potenzialità del suo organico, può però aver trascurato alcuni aspetti societari: anche quando la squadra naviga in buone acque, a Marsiglia è molto difficile restare calmi e tranquilli. Lo dimostrano i tanti fraintendimenti a La Commanderie tra direttori sportivi, presidenti ed allenatori, su cui France Football ha incentrato un intero numero nel Gennaio scorso.

L’evidente calo fisico, in una squadra ridotta per forza di cose a 14 unità, inizia ad essere un problema ed una sorta di presagio per quella che sarà la conclusione della stagione o addirittura la prossima. Ad inizio 2020 ecco i primi screzi: con la sincerità che lo contraddistingue, André Villas-Boas ammette di non esser stato interpellato quanto all’assunzione del direttore Paul Aldridge, considerato come un mago del “fair play” finanziario e probabile sostituto di Andoni Zubizarreta, il direttore sportivo che ha convinto il portoghese a firmare.

A ciò, i problemi economici della società, che dovrà recuperare 30 milioni di euro nel prossimo “esercizio”, potrebbero costringere partenze importanti. E mentre Dimitri Payet chiede uno sforzo in caso di qualificazione in Champions League, senza essere sicuro di restare, Florian Thauvin decide di tornare in campo a Marzo quando per lo staff medico era già tutto pronto un mese prima. Risultato? Le prestazioni in campo iniziano a latere: esclusione con il Lione in semifinale di Coupe de France (1-0 il 12 Febbraio, ndr), sconfitta casalinga contro il Nantes (1-3 il 22 Febbraio) e pareggio in extremis dell’Amiens al Vélodrome dopo esser stati in vantaggio 2-0. Una pessima notizia mentre Rennes e Lille, rispettivamente terza e quarta della classifica, continuano a correre.

E mentre ad Ottobre Villas-Boas paventava un OM come ultima avventura della carriera e sulle rive della bellissima Ansa di Manosque il pittore marsigliese Franck Conte lo ha omaggiato con un ritratto, in cui AVB impersonifica un marinaio, il futuro non naviga in acque calme: “Qui sto molto bene, al momento è difficile parlare del futuro. Ho un ottimo rapporto con tutti, ma ci sono alcune cose da chiarire”. 

L’era di Villas-Boas è destinata a durare?