L’Union in viaggio a Lipsia (ep.2): la protesta contro il RB Leipzig e la morte del calcio autentico

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A Lipsia, storica città della Sassonia con più di 500mila abitanti, dal 2009 si è affacciata una nuova realtà calcistica, il RB Leipzig, con progetti avveniristici e ambizioni da top club mondiali. La Red Bull, famigerata compagnia di energy-drink, da anni oramai ha deciso di scommettere sullo sport e il calcio sembra essere terreno fertile per le sue campagne d’espansione. Dopo, infatti, aver fondato il Red Bull Salisburgo (Austria), il New York Red Bulls (Stati Uniti) e il Red Bull Brasil (Brasile), Dietrich Mateschitz, il proprietario dell’azienda, ha messo piede anche in Germania. L’idea è stata piuttosto semplice: la società della bevanda ambrata ha acquistato diritti e licenze del SSV Markranstädt, cambiandone il nome, spostandosi nello Zentralstadion rinominandolo “Red Bull Arena” e sono partiti dalla quinta serie, la Oberliga, con l’obiettivo di raggiungere la Bundesliga in 10 anni. Solo un piccolo inceppo burocratico: in Germania, la Federazione tedesca vieta di citare lo sponsor all’interno dei nomi ufficiali, pertanto la neonata squadra di Lipsia, per ovviare a tale vincolo e mantenere le sigle RB, ha pensato di chiamarsi “RasenBallsport” (un maccheronico sport che si pratica con la palla sul prato. Fantasiosi!).

Dopo aver marciato trionfalmente nelle leghe sottostanti, quest’anno il RB Leipzig ha fatto il suo esordio assoluto nella Zweite Liga e l’inizio della stagione 2014-15 è stato anche piuttosto incoraggiante: nelle prime cinque partite, tre vittorie e due pareggi e solo un gol subito. Poi, alla sesta giornata ecco la trasferta a Berlino, nella tana dell’Union che, al contrario, non aveva ancora vinto in stagione. Insomma, teatro e scenario perfetti per una resa dei conti.

Nel precedente episodio del viaggio dell’Eisern nella città della Sassonia, vi avevo parlato del “Traditionsspiel”, “la classica” contro il BSG Chemie. La squadra dell’Est di Berlino ha nel suo statuto la difesa dei valori tradizionali: ha sempre rappresentato l’opposizione al potere, il rifiuto al denaro, alla mercificazione del calcio, la difesa del suo spirito sano e libero. Nel prossimo turno di campionato l’Union giocherà in casa del RB Leipzig, ma già nella partita di andata, nel mese di settembre, la squadra dei due tori e i suoi tifosi hanno capito di avere un nemico in più.

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Allo stadio Alte Försterei, i padroni di casa hanno accolto gli ospiti con una protesta particolare: un lungo striscione con scritta bianca su sfondo nero recitava: “in Leipzig stirbt die Fußballkultur” (a Lipsia è morta la cultura del calcio). Non solo: tutti i tifosi dell’Union hanno indossato una pettorina nera dal duplice significato. Un segno di lutto, ma anche l’idea che indossando quella maglietta di plastica improvvisata tutti si omologano gli uni con gli altri, proprio come il RB Leipzig che è di plastica, è stata fabbricata, non ha tradizione. Poi, al calcio d’inizio della sfida, è calato un silenzio irreale. Per quindici minuti i tifosi rossi e bianchi non hanno fiatato e, quando qualcuno sobbalzava per qualche occasione da gol, si sentiva all’unisono un “shhhhh”. Rispetto per la tradizione defunta, prima di tornare a gridare, più forte che mai, il proprio nome, la propria identità.

Una lezione sugli spalti rivolta ai nuovi tifosi in provetta e anche una lezione sul campo. Con la doppietta di Polter, l’Union ha centrato la prima vittoria stagionale e lo ha fatto con gran stile. I RB Leizpig ha, così, chiuso una partita, per la prima volta durante l’anno, senza raccogliere punti.
La prima volta all’Alte Försterei non si scorda mai. Ora lo sanno anche a Lipsia.

Se volete rivivere quest’atmosfera, ecco il video:

About Giovanni Sgobba 114 Articoli
Giornalista, nato a Bari in un ambiente dove gli si diceva di tifare per i bianco-rossi, ha seguito il suggerimento alla lettera appassionandosi all'Union Berlin. Fidanzato ufficialmente con il club dal 12 agosto del 2012 quando ha assistito ad una partita per la prima volta nello stadio An der Alten Försterei. Ama i cappelli: i suoi, quello di De Gregori, di Charlie Brown, di Alan Grant e di Nereo Rocco.

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