Perché il Villarreal (e Marcelino) non ha falsato la Liga

L’ultima giornata di Liga ha ancora un’eco rilevabile. La sconfitta del Villarreal contro lo Sporting Gijón ha condannato il Rayo Vallecano (la cui vittoria è stata inutile) e il Getafe (che invece ha perso a Siviglia col Betis) alla retrocessione. E una serie di dichiarazioni a caldo di alcuni protagonisti ha portato social network e alcuni mass media a intraprendere quello che può essere definito un processo mediatico a carico del Villarreal, e del suo allenatore Marcelino in particolare. Il tecnico del Sottomarino giallo è reo di aver pubblicamente confessato la speranza che lo Sporting Gijón, suo avversario diretto nell’ultima giornata di campionato, potesse rimanere in Primera División e poi di aver schierato un undici rimaneggiato che ha puntualmente perso. Tra le dichiarazioni che hanno alimentato questo clima v’è quella di Juan Eduardo Esnáider, tecnico del Getafe, che riguardo Marcelino ha ironizzato con un «adesso sarà contento», o quella del difensore Juan Cala: «voleva che si salvasse lo Sporting perché tifa Sporting… sembrava che Baptistão fosse l’unico giocatore a correre e lo ha cambiato al minuto settanta… vabbè, comunque siamo retrocessi per colpa nostra».
Antonio Amaya, invece, difensore del Rayo: «Credo che [il Villarreal] avrebbe potuto fare meglio perché stiamo parlando di uno squadrone, ma questo non è piangersi addosso, non sto giustificando il Rayo, non è niente, è solo la mia modesta opinione». E infine Martín Presa, presidente del Rayo Vallecano: «Il Villarreal non se l’è giocata né con l’undici iniziale, né coi cambi, né con l’atteggiamento. Non è stata una partita di calcio». E come se non bastasse Mar García Tuero, moglie di Marcelino, a fine gara ha twittato: «Via dalle Asturie a lavoro finito! Vi abbiamo lasciato in Primera», mentre il secondo allenatore Rubén Uría, anche lui asturiano e assistente di Marcelino da una vita, dopo il secondo gol dello Sporting ha stretto la mano a un tesserato della panchina dello Sporting non meglio identificato.

Adesso però bisogna considerare anche alcuni fattori. Come ad esempio che l’undici schierato dal tecnico amarillo, pur essendo indubbiamente rimaneggiato, rispecchia la formazione di una squadra arrivata all’ultima giornata senza motivazioni né obiettivi, con dei panchinari ansiosi di giocare qualche minuto in più come sempre accade in Spagna (ma anche in Italia). Di fatto però le rotazioni non sono state nemmeno così larghe come si potrebbe ritenere. Spiccano Barbosa in porta, Bonera centrale (ma Ruiz è subentrato a inizio secondo tempo), Nahuel Leiva sulla fascia (Denis Suárez è entrato solo al 73’), e la coppia offensiva formata da Léo Baptistão (sostituito al 75’ da Bakambu) e Samu García. Rukavina terzino è stata una scelta costretta dall’infortunio di Jaume Costa, che ha riportato un sovraccarico al retto femorale destro, lo stesso guaio che lo aveva costretto a lasciare il campo contro lo Sparta Praga e saltare tre giornate di Liga tra la 33° e la 35°. A lui si sono aggiunti in infermeria anche Tomás Pina per un fastidio al ginocchio destro e Musacchio per una faringite acuta.
Ma se vogliamo dirla tutta il Villarreal che scese in campo in quel di Getafe e di Vallecas non fu molto diversa. A Getafe Marcelino lasciò in panchina Denis Suárez, Bakambu (entrambi entrati nel secondo tempo) e capitan Bruno Soriano, nessuno affetto da problemi fisici e con il solo impegno di Copa del Rey a Huesca in previsione quattro giorni più tardi (per di più l’incontro di andata, che il Submarino amarillo perse). Anzi scesero in campo i canterani Adrián Marín e Nahuel Leiva: il terzino fece il suo esordio stagionale in Liga (dove avrebbe completato appena nove gare intere), mentre il centrocampista disputò la sua ottava gara dall’inizio (l’ultima intera tre mesi prima, la successiva dal primo minuto tre mesi più tardi). Nel Coliseo Alfonso Pérez il Getafe vinse due a zero e il Sottomarino giallo non avrebbe più perso in campionato per quasi tre mesi e mezzo, cioè quindici partite dopo.
Mentre a Vallecas, per logiche politiche di turn-over in chiave Europa League, Bruno Soriano fu lasciato in tribuna, Bakambu e Soldado in panchina e in campo figurarono sia Adrián Marín che il giovanissimo Alfonso Pedraza alla sua seconda e ultima presenza stagionale in prima squadra. Manco a dirlo: il Villarreal perse anche questa, due a uno, e considerando anche la caduta sul campo del Levante ha completato le trasferte in casa delle tre squadre retrocesse senza aver raccolto nemmeno un punto, proprio come accaduto al Molinón di Gijón domenica scorsa. Poi, a voler seguire il filo logico di Martín Presa, la sostituzione di Léo Baptistão («l’unico giocatore a correre», ma che soprattutto aveva colpito un palo ed è esploso proprio nel Rayo) con il capo-cannoniere di squadra Bakambu, sembra una giustificazione ancor meno plausibile.
Lo stesso tipo di condotta Marcelino la adottò l’anno scorso quando all’ultima giornata si recò a Bilbao, con l’Athletic ancora in lotta con il Málaga per una piazza europea e il Villarreal a binario morto. Il Submarino amarillo scese in campo con Juan Carlos in porta, tre difensori panchinari su quattro (Rukavina, Dorado e Jokić), i due terzini titolari schierati come esterni di centrocampo, e in attacco Joel Campbell e Gerard Moreno, inserendo poi nel secondo tempo un centrale di difesa come Bailly a centrocampo e il giovanissimo debuttante Aleix García, nella sua unica presenza ufficiale in camiseta amarilla. La squadra incassò tre reti in undici minuti e abbandonò il Nuevo San Mamés con un netto quattro a zero. Ma nessuna polemica fu sollevata.
Anzi a voler essere pignoli lo stesso processo mediatico si potrebbe impiantare al Siviglia, che nella penultima giornata si è visto battere in casa per 1-4 dal Granada, che grazie a quella vittoria si è tirato fuori dalla lotta per la salvezza con una gara d’anticipo. L’unica giustificazione per il largo turn-over può essere considerata la finale di Europa League, che però si è giocata dieci giorni dopo (8 maggio-18 maggio), perché in quell’undici sceso in campo contro gli andalusi figurava un solo giocatore ripetuto nella notte di Basilea, ovvero il terzino Sergio Escudero. La scarsa professionalità può essere ricondotta ai numeri: il Siviglia ha perso solo quattro partite al Ramón Sánchez-Pizjuán in tutta la stagione, inanellando una striscia di diciassette vittorie consecutive tra il 3 novembre 2015 e il 3 aprile 2016 (per cinque mesi a Nervión ha solamente vinto, contro chiunque: Real Madrid, Juventus, Villarreal, e considerando il resto della stagione anche Gladbach, Valencia, Celta Vigo, Shakhtar Donetsk, Barcellona) di cui tredici solo in campionato. In pratica il miglior andamento casalingo degli ultimi cinquant’anni di storia del club. Finché il Granada, in piena lotta per salvarsi fino all’ultimo, vince in un campo in cui aveva trionfato solamente una volta in diciotto tentativi con tre gol di scarto, che in una trasferta era capitato solo altre tre volte in ventidue stagioni in massima divisione.
Ma ancora più curiose sono le lamentele che arrivano da Getafe, una squadra che sarebbe retrocessa comunque visto l’incapacità di battere il Betis all’ultima giornata. (Viene imputato il fatto che mentre il Betis si sia impegnato al massimo, lo Sporting Gijón non ha dovuto affrontare lo stesso ostacolo) Eppure nessuno alzò polveroni né nel 2009/10 né nel 2011/12. Nel primo caso il Getafe tolse il sesto posto al Villarreal battendo all’ultima giornata l’Atlético Madrid di Forlán e Agüero, fresco di Europa League alzata al cielo. Ovviamente Quique Flores schierò anch’egli un undici raffazzonato e i colchoneros persero con lo scarto peggiore dell’intera stagione: 0-3. E lo stesso Getafe si trovò nella posizione inversa due anni più tardi, quando ormai fuori da ogni gioco a novanta minuti dalla fine, si lasciò battere dalla Real Sociedad, che invece aveva bisogno dei tre punti per salvarsi (clicca qui per la storia completa). Finì 0-2 col Getafe che rimase in inferiorità numerica dopo meno di mezz’ora, concesse un rigore agli avversari e chiuse l’incontro in otto uomini.
La memoria a volte è corta. Forse il Getafe è retrocesso perché nel girone di ritorno ha raccolto appena 13 punti su 57 disponibili. Forse il Rayo Vallecano è retrocesso perché ha incassato 73 reti e nelle ultime sette gare è stato capace di vincerne solo due (guarda caso una delle due proprio contro il Villarreal). Sicuramente Marcelino ha sbagliato. Perché ha esternato un pensiero del Marcelino uomo, e tifoso, pur dovendo rappresentare la società per cui è pagato, mettendo così in dubbio la sua professionalità. Ma probabilmente lo ha fatto in buonafede. E ha sbagliato perché non ha dimostrato di voler vincere la gara con lo Sporting a tutti i costi, schierando una formazione di secondo piano come purtroppo è norma fare. E ha sbagliato perché non ha saputo motivare un gruppo che avrebbe dovuto far vedere in campo la voglia di lottare fino all’ultimo per non alterare le sorti del campionato. L’intera vicenda è stata gestita male e il Villarreal è colpevole di aver sbagliato qualcosa sull’aspetto comunicativo e di non aver onorato le ultime due partite di Liga. Ma sono comportamenti purtroppo molto diffusi e inquadrabili in un sistema difficile da cambiare.