L’impercettibile trasformazione del Villarreal di Marcelino

Marcelino Villarreal

Arrivare a quota 30 punti prima di Natale è già di per sé un avvenimento rarissimo da queste parti, in pratica è successo solo altre due volte: nel 2007/08 quando Manuel Pellegrini raccolse 31 punti e il suo Sottomarino ottenne quel secondo posto, ad oggi miglior risultato della storia amarilla, e nel 2010/11 quando Juan Carlos Garrido sfrecciò alla velocità record di 33 punti e portò la squadra a un sorprendente quarto posto. Perciò si può tranquillamente dire che l’inizio di stagione di Marcelino sia la terza miglior partenza del Villarreal in Primera División, che in tutte le occasioni in cui ha toccato la boa del trentesimo punto in sedici giornate è sempre andato in Champions League. In realtà c’è un’altra stagione in cui ha chiuso l’anno a quota trenta, ovvero nel 2005/06, ma a guardare il pelo nell’uovo dopo la sedicesima giornata i punti erano solo 29, e diventarono cifra tonda perché negli anni pari la Liga tende a stringere il calendario inserendo un turno di campionato in più prima della sosta, per permettere un inserimento più agevole delle grandi manifestazioni estive.

I numeri della squadra sono comunque importantissimi: va in rete da diciassette partite consecutive – record storico del club –, è imbattuta da dieci in tutte le competizioni, ha vinto le ultime sette – a una sola distanza dal record di Manuel Pellegrini nel 2006/07 –, e non prende gol da cinque. L’aria che tira che quest’anno però, non fa presumere che il Submarino amarillo possa realmente centrare l’obiettivo maggiore: la concorrenza è agguerritissima e, pur essendo distante un misero punto dalla quarta piazza, le più quotate Valencia e Siviglia sono state costantemente nei quartieri alti della classifica e il bilanciamento tra il valore delle rose e gli impegni dei club lascia supporre che la banda di Marcelino possa chiudere la stagione con un piazzamento minore. E, intendiamoci, sarebbe comunque accolto con grande trionfalismo centrare l’Europa anche quest’anno, vuoi perché solo un anno e mezzo fa la squadra si trovava a sgomitare con Girona e Alcorcón nei bassifondi del calcio nazionale, vuoi perché non è stata attrezzata per primeggiare fra le grandi.

Ma i numeri dicono che si è lavorato bene, rimanendo nell’anno solare il club castellonense ha racimolato 25 vittorie, 10 pareggi e 14 sconfitte, segnando 87 reti e subendone 49. Il che significa, punti alla mano, essere la quinta forza di Spagna dietro le tre grandi e il Siviglia. Ma un’attenta analisi ci impedisce di confondere quello che era il Villarreal della passata stagione da quello che si sta dimostrando oggi: Marcelino mattone dopo mattone ha man mano trasformato il suo giocattolo, con una meticolosità tale – ma senza venir meno ai suoi principi identitari – quasi nessuno pare essersene accorto. Ma non parliamo degli uomini o del modulo, in verità nemmeno i fondamenti del suo stile di gioco sono stati alterati, bensì piccoli dettagli che diventano smottamenti nel risultato finale.

A una prima occhiata il suo Sottomarino sembra pressoché quello plasmato nei suoi primi mesi nella Plana Baixa e sbocciato nella passata stagione: ricerca del fraseggio, triangolazioni rapide, aggressione degli spazi. Il suo Villarreal è sempre quella bellissima squadra che ama cercare la supremazia territoriale con una fitta circolazione della sfera, rigorosamente palla a terra, e che cerca lo scacco vincente con la verticalizzazione improvvisa: sia essa provocata dagli inserimenti delle ali, e sia dai filtranti dei due centrali a cercare le punte. Un calcio offensivo insomma, che ha convinto i dirigenti fin da prima di essere ingaggiato e che poi ha convinto i tifosi a suon di risultati e spettacolo.

Ma il diktat della passata stagione era solo uno: intensità. L’ha ripetuto decine di volte alla stampa e centinaia di volte ai suoi ragazzi, perché quando una squadra non può competere sul piano tecnico, l’unico modo di giocarsela è quello di correre novanta minuti senza mai accennare a gettare la spugna. Essere sempre a mille, difendere alto cercando l’anticipo, stringere gli spazi per evitare corse a vuoto, aggredire l’avversario in fase di transizione difensiva, insomma poter rifiatare solo quando la palla è stata riconquistata con una circolazione intelligente. Avere una squadra piena di giovani, propensi a imparare e a mettersi a disposizione dell’allenatore è sicuramente il miglior presupposto per pretendere di mettere in campo un meccanismo di questo tipo. Non può essere un caso che nel girone di ritorno, quando gli infortuni hanno preso il sopravvento, la squadra non sia stata in grado di garantire lo stesso apporto al gioco che Marcelino pretendeva.

Così il tecnico asturiano in estate ha aggiustato il tiro. La rosa è ancora più giovane, la terza dell’intera Liga dopo Valencia e Celta Vigo, ma leggendo i titolari è seconda solo ai dirimpettai valenziani – l’età media dell’undici più presente dice 25 a 24,3 –, che però devono affrontare due sole competizioni. Marcelino invece è alla sua prima vera campagna europea e non ha alcuna intenzione di snobbare il campo internazionale, ma sa anche che lo stile dell’anno prima non può essere altrettanto efficace: nel giro di poco la squadra sarebbe con la lingua di fuori e dovrebbe buttare dalla finestra la propria credibilità in almeno un paio delle tre rassegne, così studia qualche accorgimento. Abbassa la linea dei difensori, innesca la transizione difensiva alta solo quando ci sono reali possibilità di recupero, i centrocampisti diventano il fulcro dei meccanismi di ripiegamento. Ed è proprio il lavoro sporco di chi sgobba in mezzo al campo a fare la differenza, così facendo influenzano tutti i meccanismi delle linee adiacenti: se i difensori restituiscono campo all’avversario retrocedendo, sono proprio i centrocampisti a doverlo restringere intensificando lo schermo davanti alla difesa. Trigueros fa il regista in fase di impostazione, ma adesso in fase di non possesso è mediano tanto quanto Bruno, Chéryshev è libero di trottare verso l’area avversaria quanto vuole, ma quel che veramente è necessario è il raddoppio in supporto di Jaume Costa su quella fascia.

La creatura di Marcelino si è trasformata da una turbina in un elastico, e per ora i risultati stanno pagando. Nonostante il brutto avvio il lavoro ha ripagato, a dimostrazione di come lavorare sodo alla lunga renda. Ma dove può arrivare questa squadra è difficile dirlo, in ogni caso si stanno cementando solide basi per il futuro.

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Mi chiamo Mihai Vidroiu, ma per tutti sono semplicemente Michele, sono cresciuto a Roma, sponda giallorossa. Ho inoltre una passione smodata per il Villarreal, di cui credo di poter definirmi il maggior esperto in Italia, e più in generale per il calcio, oltre ad altri mille interessi.

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