Germania-Algeria, 32 anni dopo quella storica vittoria africana al mundial spagnolo. Finì 2-1, un risultato che torna stasera sul tabellone a fine gara ma la storia che sta nel mezzo è tutto tranne che banale e merita di essere raccontata. Due squadre con aspirazioni diverse, come è ovvio che sia, per i nordafricani gli ottavi di finale sono già un ottimo risultato mentre gli uomini di Low puntano alla vittoria finale. Uno squadrone, quello tedesco, che mostra al globo un potenziale che fa paura. Mettiamo da parta la retorica su Davide contro Golia e il cuore: per una mezz’ora buona la gara di Porto Alegre parla algerino. Halilhodzic si conferma tecnico di altissimo profilo, nessun dogma, nessun intoccabile, gioca chi sta meglio. Gioca chi serve. Cambia tanto pure stavolta il tecnico bosniaco, il gruppo davanti a tutto e vedi i piedi buoni di Feghouli al servizio della squadra in ogni zona del campo. Manca Hummels, fermo ai box, la sua assenza si sente perché Boateng e Mertesacker non sono ineccepibili, gli algerini sbucano in velocità da tutti i lati. Meno male che c’è Neuer, portiere/libero, pronto a chiudere qualsiasi spiffero. L’Algeria il gol lo troverebbe pure, anche bello, il colpo di testa in tuffo di Slimani è però in fuorigioco. Sospiro di sollievo per i tedeschi, ma il pallino è in mano agli avversari e il gol non sarebbe certo rubato. Sul finire di primo tempo ecco qualche sprazzo di Germania, Rais però è attento. Del numero 1 algerino parleremo più avanti.
Low non aspettava di essere aggredito in questo modo, si nota una certa leggerezza nel gestire l’inerzia del match da parte dei tedeschi. E’ il complesso del più forte che sa di avere in tasca il colpo buono per il ko. Gli uomini in maglia verde martellano, Rais ci mette del suo a dire no a Muller. Il giocatore del Bayern Monaco, dopo tanti complimenti si compiace troppo, Narciso allo specchio, l’occasione buona ci sarebbe in finale di gara ma lui non la capitalizza dopo essersi smarcato con una giocata da fenomeno. Qual è. Ma bisogna dimostrarlo sempre e stasera la Germania non ha proprio voglia di sporcarsi le mani. Lahm in mezzo, Guardiola style, piace poco, l’infortunio di Mustafi ristabilisce l’ordine del cosmo e lo riporta largo. Si arriva dunque ai tempi supplementari, ma qui la Germania capisce che è il caso di scherzare col fuoco, altrimenti ci si fa male, unico errorino della retroguardia algerina prontamente punito, Muller rapace su un disimpegno così così, palla in mezzo e Schurrle impatta col tacco. Bravo nel taglio dentro, fortunato nell’impatto. Uno a zero. Guai a chiamare Cenerentola l’Algeria dello stratega Halilhodzic, reazione non solo d’orgoglio ma figlio pure di una innegabile qualità. Arriva il colpo del ko firmato da Ozil dopo un batti-e-ribatti in area, il pugile però si stacca subito dalle corde e con Djabou mette in rete il gol del 2-1 al minuto 121. Chiunque altro avrebbe già mollato. L’Algeria si lancia in un ultimo assalto, ma manca tempo e gamba per l’impresa. La Germania va ai quarti e trova la Francia, reduce da un ottavo problematico con la Nigeria. Le Volpi del Deserto escono tra gli applausi dei suoi sostenitori e di tutti quelli che apprezzano davvero questo gioco.
La battaglia di Algeri, 1961 Giulio Pontecorvo