Squadre storiche: Il Barcellona 2014-2015, quello del secondo Triplete

Apriamo questa nuova rubrica dando uno sguardo al passato recente, andando a ricordare una delle squadre più forti di questo secolo, il Barcellona guidato da Luis Enrique nella stagione 14-15. A dispetto del risultato finale ovvero il raggiungimento di tutti e 3 gli obiettivi stagionali, l’annata non partiva sotto i migliori auspici dopo due stagioni a dir poco turbolente in quello che sembrava a tutti gli effetti la fine di un ciclo dopo l’addio di Pep Guardiola nel 2012. Il tecnico di Sampedor stanco del poco supporto della direttiva allora guidata da Rossell, dall’estenuante confronto in campo e non con Mourinho e chissà magari anche conscio di un certo logoramento nei rapporti con alcuni suoi giocatori, dopo 4 anni molto intensi aveva deciso di lasciare la panchina blaugrana e a prendere il suo posto fu il suo vice, Tito Villanova. Tito in mezzo ad una malattia che purtroppo successivamente lo ha portato via, regalò ai suoi una Liga da 100 punti prima di dover lasciare a sua volta la panchina, il che portò alla sua sostituzione con il Tata Martino. L’annata con il Tata vide diversi problemi di gioco, forse il peggior Leo Messi ad alti livelli (esclusa la parentesi con il Psg) ed in generale una squadra che non convinse mai del tutto, dovendosi accontentare soltanto di vincere la Supercoppa di Spagna in Agosto. Ed è in questo contesto che si inserisce l’arrivo di Luis Enrique alla guida del Barcellona, con l’ex stella blaugrana che era chiamato ad un difficile lavoro di riassestamento.

Quel mercato estivo del 2014 vide l’arrivo di Mathieu dal Valencia, l’oggetto misterioso Douglas, un Rakitic appena reduce dalla vittoria dell’Europa League con il Siviglia, i due portieri Marc André ter Stegen dal Gladbach e Claudio Bravo dalla Real Sociedad ma soprattutto l’acquisto di Luis Suarez, con l’uruguaiano che per il noto morso a Chiellini poté debuttare soltanto a fine Ottobre.

I primi mesi del progetto di Enrique furono molto difficoltosi, la poi iconica MSN faceva fatica a carburare e Messi nella posizione di falso 9 sembrava aver ormai fatto il tempo suo, mentre Suarez allargato sulla fascia sembrava il lontano parente di quello ammirato a Liverpool.

La squadra in particolare tra Ottobre e Dicembre raggiunse il punto più basso della stagione con alcuni prestazioni veramente mediocri e la sensazione che l’élite europea fosse ormai distante, come sembravano dimostrare la netta sconfitta 3 a 1 al Bernabeu con il Real Madrid (più di quanto dica il punteggio) o quella al Parco dei Principi contro il Psg nel girone di Champions.

In questo contesto si arrivò ad Anoeta il giorno della Befana con Luis Enrique che decise di tenere in panchina Messi (con cui poi si scoprirono successivamente frizioni), Neymar e Piqué.

La sconfitta 1-0 scatenò un ovvio mare di polemiche e il Real Madrid di Ancelotti, appena reduce da 22 vittorie consecutive sembrava fuori portata.

Ma fu proprio in quel momento di confusione e incertezze (sorgevano voci sempre più insistenti di un Messi pronto a lasciare per andare al Chelsea) che il club catalano all’improvviso iniziò a risalire per poi prendere il volo.

Quelli furono i mesi di miglior gioco espresso del progetto Luis Enrique, che ebbe una piccola svolta tattica con lo scambio di ruoli di Messi e Suarez, con l’argentino che assieme a Neymar schierato largo in fascia, sfruttò un ritrovato spunto nel dribbling come nei tempi migliori e ciò portò inevitabilmente a far allargare le maglie avversarie ed in generale aprirsi il campo e poter essere letali in avanti, cosa che dal dopo Guardiola i blaugrana faticavano a trovare con continuità.

Fu proprio da quel momento che vedemmo forse il miglior Messi della carriera e un Neymar che  attaccando il debole approfittava di tutte le attenzioni rivolte al compagno per poter castigare in libertà (realizzò 39 reti stagionali che sono ancora ad oggi per lui un record) e ad unirsi a ciò ci fu anche l’incremento di rendimento di un Luis Suarez che pian piano si stava adattando alla squadra.

In questo contesto fatto partire da un super Messi e più in generale dalla MSN, si aggiunsero alcuni mesi colossali anche di giocatori come Gerard Piqué e Dani Alves che avevano vissuto molti chiaroscuri nelle precedenti due stagioni.

A contorno da segnalare la buona stagione dei due portieri, con un giovane Ter Stegen che giocava la Champions e la Copa del Rey mentre a Claudio Bravo andava il campionato e un Rakitic che nella fascia di Messi e Dani Alves si adattò bene ad un lavoro sporco e oscuro, senza disdegnare qualche sortita decisiva in avanti (vedasi gol iniziale alla Juve in finale di Champions) e che inoltre costrinse la leggenda Xavi ad una ultima stagione in Catalogna da comprimario.

Da Gennaio a Giugno furono mesi di dominio con rarissimi passaggi a vuoto e quella che in precedenza sembrava una squadra messa male in campo e priva di spirito nei primi mesi, lasciò il posto ad una corazzata che volava fisicamente e mostrava un tasso tecnico senza eguali nel panorama europeo.

La lotta testa a testa con il Real Madrid in Liga si concluse alla penultima giornata con la vittoria al Vicente Calderon per 0-1 che sancì il ritorno al trono in Spagna, con il campionato che fu chiuso a quota 94 punti.

In Copa del Rey il Villarreal, l’Atletico Madrid ed in finale l’Athletic Club ce la misero tutta ma dovettero soccombere a Messi e compagni, mentre in Champions League il Manchester City, il Paris Saint Germain, il Bayern dell’ex Guardiola e la Juventus di Allegri dovettero arrendersi ad una squadra che una volta messa in moto sembrava non avere rivali e che letteralmente passeggiò dagli ottavi in poi in quella edizione della Champions, trascinati anche da un Iniesta reduce da alcune partite europee davvero sontuose ma più in generale dal grandissimo finale di stagione dopo un annata abbastanza sottotraccia per un giocatore come lui.

Un Barcellona mai come quell’anno molto verticale con Luis Enrique che  ogni tanto (senza poter dire che giocassero proprio in contropiede) faceva prendere campo ai suoi facendosi forte della difesa dell’area di Piqué e colpendo a campo aperto grazie alle sortite palla al piede di Messi e Neymar.

Meno indottrinamento al gioco di posizione (tipico del gioco blaugrana) che sicuramente aiutò il trio sudamericano a potersi esprimere con maggior libertà in campo e che fu una delle scelte più intelligenti del tecnico asturiano.

La summa di tutto ciò? Parlano chiaro alcuni numeri di quella stagione che dicono 175 reti realizzate in tutte le competizioni, a dispetto delle soltanto 38 subite, Messi miglior marcatore della squadra con 58 gol stagionali, seguito da Neymar a 39 e Suarez a 25.

 Ormai 8 anni, possiamo dire che assistemmo ad una sensazione visiva (e pratica) di dominio in quel 2015 che difficilmente torneremo a vedere nel prossimo futuro.

Era il Barcellona 2014-2015, quello del secondo Triplete della sua storia.

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