
Alejandro Mitrano è un giovane laterale di origine italiana che si è appena aggiunto alla rosa dei Las Vegas Lights FC dopo aver giocato in Europa e in America Latina.
Quali sono le tue origini italiane?
I miei nonni paterni sono di Gaeta e tutt’ora mia nonna vive lì; ci vive anche il fratello maggiore di mio padre, mio zio. Mio nonno adorava il calcio e ogni volta che poteva mi regalava una maglietta di una squadra. Naturalmente mi regalò anche una maglietta della nazionale italiana. Mi ricordo una cosa molto particolare: aveva registrato tutte le partite del mondiale del 1978 e del 1982. A quei tempi viveva in Venezuela ma naturalmente tifava per la nazionale italiana.
Quando hai saputo che avresti voluto diventare un calciatore professionista?
L’ho sempre saputo: è sempre stato il mio desiderio da piccolo. Non mi vedevo fare altro, per Natale chiedevo sempre una maglietta. Sono cresciuto in una famiglia che ama il calcio da sempre. Ed ora sono qui, a correre dietro un pallone e a fare di tutto per migliorare giorno dopo giorno.
Dove ti sei formato fino ai 15 anni?
Mi sono formato nell’Accademia calcistica di Kedall a Miami. E quando avevo 17 anni ho vissuto un anno nell’Accademia calcistica dei New York Cosmos. Ero arrivato insieme ad un calciatore uruguagio ed uno italiano che si era formato nelle giovanili del Chievo Verona. L’italiano in particolare me lo ricordo molto determinato: sapeva cosa voleva e puntava l’uomo anche meglio di come lo faceva con una ragazza (fa l’occhiolino mentre lo dice n.d.r.).
Ricordo con molto piacere l’esperienza di quella volta negli USA perché è stata la prima lontano da casa e mi aiutò molto a crescere. Ebbi la fortuna di condividere gli allenamenti con Juan Arango, un’icona del calcio venezuelano. Da menzionare anche Giovanni Savarese, altro grande calciatore venezuelano con qualche breve passaggio per la serie cadetta italiana.

In Europa hai iniziato da Murcia?
Sì, sono stato lì solo qualche mese, al Ranero, nella divisione giovanile di Onore. Quello sarebbe stato il mio primo contratto da professionista ma per problemi con i documenti non riuscii ad esordire. Tuttavia non saltavo un allenamento: qualche mese fu sufficiente per capire a quale intensità si vive il calcio. Gli allenamenti sono sempre con il pallone e la qualità del tocco palla era abbastanza comune. Ci si concentra sulle abilità tecniche individuali con il fine di ottenere grandi benefici nel gioco collettivo. Ricordo che l’allenatore curava molto la gestione del pallone e ci parlava sempre della capacità di lettura anticipata, una delle caratteristiche principali di un calciatore che vuole essere un professionista.
Dopo la breve parentesi di Murcia sei andato allo Slavia Praga, giusto?
Sì, si tratta di una delle società più importanti e gloriose della Repubblica Ceca. La squadra si era laureata campione nazionale e la società aveva l’intenzione di attrarre alcuni tra i migliori prospetti d’Europa per integrare la prima squadra. Avevano anche integrato alcuni collaboratori spagnoli e un osservatore spagnolo mi portò con sé per un provino: nelle prime quattro partite segnai tre gol e feci un assist. Fu cosi che mi guadagnai il mio primo contratto. Ho conosciuto di sicuro un calcio più fisico ed essenziale rispetto alla scuola spagnola.
Quali sono le principali prospettive di emergere in un campionato come quello della Repubblica Ceca?
I giovani sognano di approdare in Bundesliga e Premier League: sono i campionati più seguiti oltre che quelli meglio remunerati. Disciplina e costanza sono le qualità che possono fare la differenza se si possiede una buona predisposizione al sacrificio e all’apprendimento: questo è quello che mi è rimasto di più in questi due anni e mezzo. Senza dimenticare le splendide amicizie che mi rimarranno per tutta la vita (sorride mentre lo dice n.d.r.). Dopo due anni in Repubblica Ceca sono passato in Slovacchia, al Michalovce. Ho trovato più spazio e a fine campionato ci siamo classificati quinti, un ottimo risultato se si considerano le premesse di inizio anno. In quel periodo arrivò anche la chiamata della nazionale venezuelana, che mi riempì il cuore di orgoglio e di felicità.
Perché la chiamata della nazionale arrivò in quel frangente?
L’allenatore dell’epoca aveva bisogno di un laterale sinistro ed io ero un laterale sinistro in forma, così decise di darmi un’occasione: quello fu un sogno che si avverò. Adesso devo solo riguadagnarmi quella chiamata. Il meglio deve ancora venire.
Qual è stato l’allenatore che ti ha dato di più?
Ovunque abbia giocato ho sempre cercato di prendere il meglio di ogni allenatore. Ce n’è uno in particolare che mi ricordo: Javier Cano. L’ho incontrato in Repubblica Ceca e mi trasmesso l’importanza dell’auto valutazione attraverso l’analisi dei video, un metodo che tutt’ora uso per migliorarmi.
Dopo due anni e mezzo in Europa arriva la possibilità di giocare in Sud America: prima la Boston River in Uruguay e poi al Monagas FC in Venezuela. Cosa ti hanno regalato queste esperienze in Sud America?
In Uruguay mi sentivo a mio agio e mi sentivo pronto a fare un ulteriore salto di qualità. I compagni di squadra mi hanno sempre sostenuto e sentivo la loro fiducia, cosa che mi ha permesso di fare un salto di qualità specialmente a livello di personalità. Poi però un terribile infortunio al ginocchio mi impedì di confermarmi definitivamente. Dal Boston River sono passato al Monagas FC, in Venezuela. Forse in Uruguay si sente un pelo di più la passione e l’intensità per come vivono il calcio. Oltre alla tecnica, anche il mio carattere si forgiò definitivamente.
Adesso sei negli USA. C’è un bel salto dal calcio dell’America Latina?
Negli USA stanno cercando di colmare la differenza che c’è con l’Europa. Portano ottimi tecnici, riescono ad attrarre anche ottimi giocatori ed hanno ottime strutture che permettono di far crescere i giovani oltre che, com’è noto, di farli studiare.
Cosa rappresenta per te la tua nuova squadra Las Vegas Lights?
Ho sentito che il pubblico è molto caloroso e molto vicino alla sua squadra. Sono molto felice di essere qui, sono emozionato. Spero davvero di raggiungere traguardi importanti in questa città. Corrono voci che la squadra possa ottenere un posto in MLS: sarebbe fantastico. Dopo la NFL la MLS e anche la NBA. Las Vegas è definitivamente una città molto ambiziosa: è sotto gli occhi di tutti.
Quali sono le ambizioni della squadra per il prossimo campionato?
Puntiamo ai Play-Off e poi ce la giocheremo con tutti, la squadra ha integrato ottimi giocatori. La stagione inizia il 12 marzo e siamo tutti carichi di entusiasmo: sono convinto che si possano fare grandi cose.
Ti alleni tutti i giorni?
Certamente tutti i giorni faccio qualcosa. E quando ho il pomeriggio libero vado sempre un po’ in palestra per guadagnare forza e prevenire gli infortuni.
Quali sono i campionati che segui con maggior interesse?
La Liga spagnola e la Seria A, non solo per le mie origini italiane, sono quelli che mi piacciono di più dal punto di vista tecnico/tattico.
A chi ti ispiri?
Sono un giocatore abbastanza rapido, forte difensivamente e con una buona propensione offensiva. Prima Alexander Kolarov ed ora anche Theo Hernandez sono un esempio per me.