Diego Milito, il Principe del Bernal

Milito

Il cronometro indica il minuto numero 69, Walter Samuel ha appena dimostrato a tutti perché è soprannominato “The Wall” murando letteralmente una conclusione a botta sicura del croato Olic. Il pallone si impenna è arriva quasi sulla trequarti campo, dove Sneijder lo doma con la sua classe e lo smista immediatamente ad Eto’o prima di essere quasi abbattuto malamente da Badstuber. Il centravanti camerunense supera la trequarti e apre immediatamente il gioco verso la sua sinistra, dove c’è un centravanti argentino con indosso la numero 22 che scalpita per ricevere il pallone, il suo nome è Diego Alberto Milito e da lì a poco ci sarà la sua incoronazione.

LE ORIGINI

La storia di Diego Milito ha inizio il 12 Giugno del 1979 nella cittadina argentina di Bernal, terra che cinque anni prima ha dato alla luce Sebastian Rambert, centravanti che rincontreremo più in là nel racconto. Il suo percorso calcistico è contraddistinto da un inizio completamente di marca Racing de Avellaneda, club dove compie tutta la trafila delle giovanili e che lo porta anche all’esordio tra i Professionisti: la data prescelta è l’11 Dicembre del 1999 in occasione del match contro l’Union de Santa Fè, terminato con un pirotecnico pareggio per 3-3. La prima grande svolta della sua carriera arriva nel Torneo di Apertura del 2001. Il Racing è reduce da una delle stagioni più negative della sua gloriosa storia: 16esimo posto e retrocessione evitata per il rotto della cuffia. Per dare una svolta all’ambiente sulla panchina dell’Academia arriva Reinaldo Merlo, soprannominato “Mostaza” per il colore dei suoi capelli che richiamava quello della senape. Ad inizio di quella stagione nessuno avrebbe scommesso un peso sul trionfo del Racing in quel torneo di Apertura, nemmeno i giocatori stessi.  Per il “Principe” l’inizio non fu semplice, infatti le statistiche parlavano di un centravanti da 3 reti in 49 presenze, non proprio un goleador di razza. Ma la grande qualità di Merlo fu il saper aspettare Milito, che alla presenza numero 50 cominciò a ricompensare con gli interessi la scelta del proprio allenatore.

Quarta giornata del campionato di Apertura, all’Estadio Presidente Peron (noto più comunemente come il Cilindro) va in scena la sfida tra i padroni di casa del Racing e il Newell’s Old Boys. In quell’occasione Mero decide di schierare Milito subito titolare e come unica punta del suo modulo. Il “Principe” non ci mette molto ad adattarsi al nuovo ruolo e dopo 13 minuti firma il gol del vantaggio dell’Academia: sugli sviluppi di un calcio d’angolo Arano raccoglie la spinta della difesa avversaria e, in maniera piuttosto involontaria serve Maceratesi, il quale con una finta di corpo supera il diretto avversario e crossa il pallone al’interno dell’area piccola verso Milito, che da vero goleador segue l’azione in maniera impeccabile e insacca la sfera con un colpo di testa da due passi. Il gol ha l’effetto di sbloccare la furia del “Principe”, che al 40esimo mette la firma anche sul secondo decisivo gol: tutto nasce da un’incomprensione tra un difensore e il portiere Palos, che non si capiscono e lasciano via libera a Milito, il quale si infila tra i due, si impadronisce della palla e nuovamente gonfia la rete. La vittoria e l’esplosione del centravanti argentino fomentano gli animi dei tifosi biancocelesti e dei media argentini, che comincia a parlare della “ilusion” del Racing e del miracolo di Merlo. Al termine della stagione quello che appariva solo un sogno diventa realtà, il Racing vince il titolo di Apertura dopo 35 anni di astinenza e lo fa nel segno del giovane 21enne Diego Alberto Milito, che si impone come colonna portante della squadra; basti pensare che lui fu uno dei tre giocatori a giocare tutte e 19 le partite in programma insieme a Francisco Maciel e Martin Vitali.

Con la maglia dell’Academia il “Principe” (nomignolo datogli per la sua somiglianza con la leggenda Enzo Francescoli) disputerà altre due stagioni e mezzo chiudendo con un bottino totale di 37 reti in 149 presenze.

L’AVVENTURA AL GENOA, PRIMA PARTE

È il Gennaio del 2004 ed in Italia è in fase di svolgimento la consueta finestra invernale di calciomercato, dove le varie squadre hanno l’opportunità di risolvere eventuali problemi incorsi nella prima parte di stagione. In quel periodo il Genoa vive la prima annata al comando di Enrico Preziosi, nella quale si ritrova coinvolta nella lotta per non retrocedere in Serie C. Nella sessione invernale Preziosi mette mano nuovamente al portafoglio e rinforza la rosa con acquisti del calibro di Giacomo Tedesco, Alessio Scarpi, Giuseppe Gemiti e Gianni Comandini. Tra questi figura anche il nome dell’allora sconosciuto Diego Alberto Milito. A Genova arriva senza grandi proclami, molti lo considerano più come un centravanti di manovra che come un goleador di razza, ma con il passare del tempo dovranno ricredersi. Pronti via l’esordio è subito devastante, infatti l’argentino sembra non aver perso il fiuto per il gol con il suo viaggio transoceanico e nel debutto contro l’Ascoli va subito a segno firmando la rete genoana dell’1-1 finale. Nonostante un buon inizio, successivamente subisce un breve periodo di adattamento dal quale però si riprende in grande stile ritrovando fiducia e anche la via della rete. Il simbolo della “rinascita”, se così si può definire, è senza dubbio la grande giocata sfornata nel bellissimo palcoscenico dell’Artemio Franchi contro la Fiorentina, dove serve l’assist per il gol del 2-0 a Gemiti con un fantastico colpo di tacco per palati fini.

Ma il primo vero grande acuto italico è datato 22 Maggio 2004, quando al Ferraris , in versione notturna per l’occasione, arriva il Cagliari del devastante trio Zola-Esposito-Suazo. Per il Genoa non è un momento felicissimo, infatti il “Grifone” arriva al match con una striscia negativa di 4 sconfitte in 5 partite mentre l’ultima vittoria è datata 10 Aprile, proprio nella gara contro la Fiorentina citata poc’anzi. La partita è divertente, combattuta e aperta da entrambe le parti. Milito lotta, corre e mette i brividi a Pantanelli con una conclusione di destro che si spegne sull’esterno della rete. Ma queste sono solo le prove, infatti prima dell’intervallo è il “Principe” a sbloccare la gara: tutto parte da un’azione di calcio d’angolo, dove Milito si fa trovare reattivo e buca Pantanelli con un tocco scaltro quanto beffardo dal limite all’interno dell’area piccola. Il Cagliari, però, è una grande squadra e nella ripresa, ribalta subito il risultato con un uno-due devastante firmato principalmente da Mauro Esposito. Il numero 9 “sardo” prima serve l’assist a Suazo per il tap-in del pareggio e poi firma egli stesso la rete del sorpasso approfittando di un’uscita al quanto goffa di Scarpi. I due gol fanno sedere sugli allori la selezione cagliaritana, che decide di gestire la partita ma così facendo subisce la veemente risposta degli avversari, che ribaltano nuovamente la sfida con le reti di Lazovic e Milito. Ma il piatto forte deve ancora arrivare, infatti nel finale il Cagliari si riversa tutto nella trequarti genoana per rimediare al nuovo svantaggio esponendo così il fianco al contropiede. Ed è qui che “il Principe” entra definitivamente nel cuore dei tifosi del “Grifone”. Siamo all’incirca al novantesimo, la difesa genoana in difficoltà spazza via il pallone per interrompere il periodo di apnea. La sfera termina in zona Diego Alberto Milito, che toccando il pallone con la punta manda fuori tempo l’ultimo marcatore cagliaritano. Da lì la strada verso la porta di Pantanelli è spianata, Milito con tre tocchi arriva in area di rigore e si presenta a tu per tu con il portiere avversario,  che esce nel tentativo disperato di frenare la sua avanzata. Ma il numero 9 genoano sa esattamente cosa fare, probabilmente ha già deciso come trafiggerlo nel momento in cui ha lanciato la sua volata: finta di corpo per una conclusione verso sinistra e pallone a destra. Pantanelli battuto e la Genova rossoblu ai piedi del centravanti originario di Bernal, che quella notte firma così la sua prima tripletta in terra nostrana. Al termine della quella stagione, il Genoa ottiene la tanto desiderata salvezza, ma con la grande consapevolezza di aver trovato in Milito un grande condottiero.

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L’estate successiva Preziosi decide che il suo obiettivo è quello di riportare il Genoa in Serie A, poiché 10 anni di Serie B sono eccessivi per una realtà di quelle dimensioni. Il patron genoano rimette mano al portafoglio e porta in rossoblu Francesco “Ciccio” Cozza, Vincenzo Italiano e Nikola Lazetic. In avanti il compagno designato per Milito è Roberto Stellone, che in quella stagione segnerà 18 reti in 29 gare. Infine la rivoluzione totale tocca anche la panchina, dove si siede Serse Cosmi, reduce dalla fine dell’esperienza con il Perugia dopo la retrocessione nella stagione in serie cadetta nella stagione precedente, arrivata con la sconfitta nello spareggio contro la Fiorentina. La stagione parte in pompa magna, infatti il Genoa conferma i pronostici della vigilia e arriva al giro di boa al comando in solitaria. Nel ritorno, però, qualcosa sembra rompersi nel meccanismo apparentemente perfetto creato da Cosmi, infatti il Genoa comincia a faticare e perde inesorabilmente quell’aura di imbattibilità avuta nel girone di andata. Il tutto culmina all’ultima giornata di campionato nel match contro il Venezia, sfida che passerà agli annali come quella del “Caso Genoa”. Tralasciando questi particolari di giustizia sportiva, in quella serata dell’11 Giugno del 2005, la selezione veneta si presenta al Ferraris ormai spacciata, mentre ai padroni di casa del Genoa servono per forza i tre punti per ottenere la promozione diretta. Il match non comincia nel migliore dei modi per il “Grifone”, che al 13esimo minuto si ritrova sotto a causa del guizzo vincente di Vicente, il quale batte il portiere genoano con un preciso piattone sul primo palo. Ma prima dell’intervallo la situazione sembra sistemarsi, grazie, guarda caso, a Milito, che ravviva un Ferraris spento e titubante con una zampata vincente su cross di Marco Rossi. Ad inizio ripresa a completare il sorpasso è Marco Rossi, che è lesto nel ribadire in rete la respinta del portiere avversario (non più Lejsal uscito per un presunto infortunio) sulla precedente conclusione di Caccia. Ma il Venezia non si dà per vinto e a rimettere le cose in equilibrio è il 40enne Lulu Oliveira, che salta più alto di tutti sugli sviluppi di un calcio di punizione. Momento buio per il Genoa, è come se al Ferraris si fossero spente le luci, la paura e la preoccupazione la fanno da padrone. Tutti sembrano immobili e impotenti davanti al nuovo pareggio del Venezia, tutti tranne uno: Diego Milito. Il “Principe” non molla e decide di caricarsi la squadra sulle sue spalle, lui è l’unica flebile luce che cerca di illuminare il buio completo. La scintilla arriva al 18esimo minuto di gioco, quando il centravanti argentino riceve il pallone in posizione abbastanza decentrata, finta, dribbling, l’avversario scivola e gli concede un vantaggio davvero minimo. Ma tanto basta al numero 9 rossoblu, che inquadra la porta e piazza il pallone sotto l’incrocio con un missile terra-aria, il quale lascia il portiere veneziano immobile come una statua di sale. È il gol della liberazione, infatti da lì in poi il risultato non varierà più e il Genoa conquisterà la tanto desiderata promozione in Serie A (sino ovviamente alla decisione della giustizia sportiva).

L’ESPLOSIONE A SARAGOZZA

Nell’estate successiva Milito va in ritiro con il Genoa, pronto apparentemente a ritornare nella massima serie nostrana, ma l’avventura dura pochissimo, infatti alla notizia della retrocessione in C1 per illecito sportivo il centravanti argentino, come la maggior parte dei giocatori di allora, fa le valigie e parte verso la Spagna, in direzione Real Saragozza con la formula del prestito biennale con diritto di riscatto. L’avventura ai “Blanquillos” inizia con un pareggio a reti bianche, che mette in risalto il bisogno di un centravanti prolifico. In rosa oltre al “Principe” sono due le punte di ruolo: da una parte c’è il giovane promettente Sergio Garcia (appena uscita dalla cantera del Barcellona), mentre dall’altra c’è l’esperto Ewerthon (reduce dai cinque anni tedeschi con il Borussia Dortmund). Inoltre a rendere ancora più attesa la sua figura è la pesante eredità che raccoglie in quel di Saragozza, infatti l’ex numero 9 genoano deve far dimenticare ai tifosi un certo David Villa, passato al Valencia per la somma di 12 milioni di euro. Ma Milito è la risposta a tutti i problemi, infatti il centravanti originario di Bernal si impone nella prima stagione mettendo a segno ben 21 reti. Di questi ventuno centri i più pesanti sono quelli della semifinale d’andata di Copa del Rey, dove il Saragozza si impone con un tennistico 6-1 contro il Real Madrid. Ma il “Principe” è solito fare le cose in grande e infatti con quella partita entra nella storia diventando il primo giocatore della storia a fare ben quattro reti ai “Galacticos”. Le danze si aprono al 14esimo minuto, con una rete da manuale dell’attaccante perfetto: attacco aggressivo dell’area sulla penetrazione di Ewerthon sulla fascia, seguito da un movimento a staccarsi dalla marcatura con ottimo movimento fuori linea, che lo mette nella condizione di ricevere il pallone in maniera indisturbata all’altezza del dischetto. Stop, sguardo veloce a Casillas e palla sotto la traversa; 1-0 Real Zaragoza. Ma questo è solo l’antipasto di una serata magnifica, infatti appena sei minuti dopo Milito raddoppia. Tutto parte da una dormita difensiva di Roberto Carlos, che sugli sviluppi di una rimessa laterale si perde il centravanti argentino aprendogli le porte della propria area. Appena la palla arriva sui suoi piedi sembra quasi tutto scritto con Sergio Ramos che viene mandato al bar con una finta a rientrare tanto fantastica quanto efficace, mentre Casillas viene trafitto da un repentino tocco di punta dalla precisione sublime. Prima del the caldo c’è anche il tempo per assistere al tris del “Principe”, che mostra ai Blancos anche le sue qualità aeree insaccando il pallone con un fantastico colpo di testa. A chiudere il cerchio, infine, è nuovamente un’altra rete di “cabeza”, stavolta sugli sviluppi di un calcio d’angolo. La stagione purtroppo si conclude senza lieto fine, infatti in finale il Real Zaragoza si deve arrendere davanti all’Espanyol, che mette fine ad una delle favole più belle mai raccontate dalla coppa spagnola.

In estate la dirigenza del Real Zaragoza cambia, infatti a capo del club arriva Agapito Iglesias che decide di investire seriamente i propri soldi per riportare in alto il club. La campagna estiva del calciomercato è quasi un trionfo, infatti, aldilà della “despedida” di Gabi Milito (fratello del Principe),  in maglia bianco blu arrivano due connazionali illustri, ovvero D’Alessandro e Aimar. Inoltre in panchina si (ri)siede Victor Fernandez, che pochi anni prima aveva portato i “Manos” alla vittoria della Coppa UEFA. Tutto cambia ma non Milito, che si riconferma a grandi livelli aumentando il suo massimo di gol stagionali sino a 23 e sfiorando il titolo di Pichichi della Liga, vinto da Ruud Van Nistelrooy con solo due centri in più. In più Milito entra nella storia del club di Saragozza come il secondo bomber di sempre più prolifico in una sola stagione, dietro solo al “peruano” Juan Seminario, che nella stagione 1961/62 mise a segno ben 25 reti. Due stagioni da incorniciare, che consegnano al club aragonese un centravanti esperto, completo e il quale finalmente comincia a godere della considerazione che avrebbe meritato anche qualche anno prima. Ovviamente il club lo riscatta immediatamente dal Genoa e così nella stagione 2007/08 il giocatore è completamente di proprietà della squadra spagnola. Ma ancora una volta a mettere il bastone tra le ruote al Principe è la sfortuna, infatti quel club che ad inizio stagione era quotato come la possibile sorpresa della Liga vive una stagione ai limiti del disastroso. In Europa il cammino si interrompe subito per mano dell’Aris Salonicco, mentre in campionato la squadra fatica a decollare e giornata dopo giornata vede avvicinarsi sempre di più il baratro della retrocessione, in cui sprofonda definitivamente all’ultima giornata con la sconfitta contro il Mallorca. Nonostante tutto Milito è uno dei pochi a salvarsi, infatti pur nella nera stagione dei “Manos” si mette in luce con un totale di 15 reti, che però non bastano a contribuire alla salvezza.

L’AVVENTURA AL GENOA, IL RITORNO

Nell’estate successiva si apre un toto-mercato sulla figura del “Principe”, tante le possibili pretendenti ma nessuno si fa avanti seriamente per acquistare il talento del Bernal. E così tra rumors, incontri e trattative infinite, si arriva alle ore finali della finestra estiva del calciomercato con un destino quasi deciso: Milito sembra essere vicino a rimanere al Real Saragozza. Ma qui entra in scena il Genoa nella figura di Enrico Preziosi, che con un colpo di coda clamoroso approfitta della situazione e riporta a casa il suo ex numero 9 alla modica cifra di 10 milioni di euro. Un investimento importante, che però viene ampiamente ripagato dal centravanti argentino, che in quella nuova avventura in terra ligure ritorna a pieni ritmi con 24 reti in appena 31 presenze. Numeri impressionanti, che lo portano ad un passo dal titolo di capocannoniere della Serie A, dove deve alzare bandiera bianca solo davanti a Marco Di Vaio e Zlatan Ibrahimovic.

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Di quella “temporada” è rimasta scolpita negli occhi di tutti (soprattutto in quelli dei tifosi del Grifone) la tripletta nel derby di ritorno contro la Sampdoria. Questo è il biglietto da visita che Milito si crea e che presenta ai dirigenti nerazzurri dell’Inter. Lo scenario è la serata del 3 Maggio, dove si svolge un derby della lanterna non decisivo ai fini della classifica ma sempre dal grande hype tipico delle stracittadine. Nel primo tempo il Genoa soffre un inizio arrembante della Samp, ma al 30esimo riesce comunque a sbloccare la gara grazie al primo guizzo del suo numero 22, Diego Alberto Milito. Il “Principe” dimostra il suo essere un goleador di razza, firmando la zampata vincente su un pallone vagante dopo un colpo di testa di Biava. Prima dell’intervallo, però, la Samp torna in pista con il pareggio di Campagnaro, che fredda il portiere avversario approfittando di una mezza disattenzione difensiva. Nella ripresa, sulla scia del pareggio, i blucerchiati sembrano avere le forze per ribaltare la sfida ma al 73esimo devono ancora pagare dazio davanti a Milito, che firma il gol del nuovo vantaggio genoano approfittando di una grossa ingenuità degli avversari in fase di uscita. Il nuovo gol incendia ulteriormente gli animi, a tal punto che ad un certo punto si scatena un parapiglia generale nel quale a pagare sono Ferrari, Thiago Motta e Ferrari, tutti espulsi. In 10 contro 9 la Sampdoria prova ad arrivare al pari, ma le folate offensive non portano alcun risultato. Anzi, nel marasma più totale è Milito a ringraziare chiudendo la partita con il terzo decisivo gol: Milanetto ruba palla a centrocampo e lancia Palladino in contropiede. In quel momento sembra quasi di rivivere l’azione di Inzaghi ai mondiali 2006 contro la Repubblica Ceca, ma questa volta c’è il “lieto fine”, infatti Palladino (Inzaghi nella proiezione ideale) si presenta a tu per tu con Castellazzi ma decide altruisticamente di servire l’accorrente Milito (Barone), che completa la tripletta con uno dei gol più facili della sua carriera.

APPRODO ALL’INTER, LA CONSACRAZIONE DEFINITIVA

Nell’estate del 2009 arriva la tappa fondamentale del suo viaggio calcistico, infatti l’Inter decide di puntare su di lui e compra il suo cartellino riversando nella casse del Genoa ben 25 milioni di euro; da lì a poco sarà raggiunto anche da Thiago Motta, che farà lo stesso percorso. Quella per lui sarà la stagione della consacrazione definitiva, la “temporada” in cui il “Principe” diventa “Re” (semicitazione di Marianella), dove Milito vede ripagati alla grande anni e anni di gavetta e sacrifici. Nell’annata 2009/10 contribuisce alla causa nerazzurra con la bellezza di 30 reti, una più pesante dell’altra, anche se “tre” (come il numero mostrato al pubblico del Ferraris ne derby del Maggio precedente) i momenti chiave della sua cavalcata. Inoltre con i suoi gol risolleva anche la reputazione calcistica della città di Bernal in quel di Milano, dove qualche anno prima era passato il suo concittadino Rambert senza lasciare grandi tracce.

Il primo step arriva il 5 Maggio 2010, data storicamente dolorosa per i tifosi nerazzurri che hanno ancora negli occhi il titolo perso al fotofinish all’Olimpico nove anni prima. Quel giorno, proprio in quello stadio, la truppa di Mourinho si gioca la finale di Coppa Italia contro la Roma, acerrima rivale dei nerazzurri in quel periodo. La partita è dura, i ritmi sono serrati, tutto è in equilibrio su un sottile filo di lana, ma comunque si ha la netta sensazione che basti una piccola scintilla per risolvere la contesa. E chi meglio di Milito, esperto di queste situazioni, può sciogliere il bandolo della matassa? Il minuto fatale è il 40esimo del primo tempo, Vucinic prova una giocata orizzontale recapitando il pallone tra i piedi di Thiago Motta, che con una lettura di gioco straordinaria lancia la volata di Milito con un ottimo passaggio d’esterno. Il “Principe” ringrazia lanciando la sua corsa verso la porta avversaria, tenendo a debita distanza Mexes, eludendo il recupero disperato di Perrotta ed arrivando sano e salvo sino al limite dell’area. Nel momento in cui il pallone varca la linea dell’area di rigore, dal piede del numero 22 nerazzurro parte una saetta che conclude la sua corsa sotto la traversa della porta difesa da Doni. Un gol pesante che decide non solo la partita ma permette all’Inter di mettere in bacheca il primo titolo stagionale, esorcizzando lievemente anche il tabù chiamato “5 Maggio”.

Passano appena 10 giorni e nuovamente si ripropone il duello Roma-Inter, stavolta in palio c’è il tricolore. All’Inter serve una vittoria per chiudere il discorso ma il campo di Siena non è proprio una passerella. Al termine del primo tempo tutti quelli attaccati alla radiolina apprendono che la Roma vince 2-0 a Verona, mentre l’Inter è ferma sul pari e rischia di perdere lo scudetto. In quel momento nella mente di tutti riaffiorano i fantasmi del “5 Maggio”, ma ancora una volta a togliere le castagne dal fuoco è uno degli attaccanti più in forma dell’intero continente europeo che indossa sempre la numero 22. Il minuto chiave è il 56, Javier Zanetti si esibisce in una delle sue consuete discese sulla fascia mancina e serve un pallone d’oro in profondità per Milito, il quale stoppa il pallone con l’interno destro ma, invece di effettuare il suo tipico movimento a rientrare per saltare il diretto marcatore, decide di puntare direttamente la porta ed infila il pallone nel sette con una conclusione di collo potente sul primo palo. In quel momento l’intero universo nerazzurro tira un grosso respiro di sollievo e vede allontanarsi di nuovo i fantasmi della sconfitta. Per l’Inter, inoltre, è doblete con l’accoppiata campionato-coppa.

Ma il meglio Milito lo riserva per il gran finale, precisamente il 22 Maggio, quando al Bernabeu Inter e Bayern Monaco si affrontano nella finale della Champions League. La truppa di Mourinho si presenta al gran galà finale con la sola assenza di Thiago Motta (espulso nella semifinale di ritorno al Camp Nou) ma con la consapevolezza di aver compiuto un percorso di grande crescita. Come qualsiasi finale che si rispetti, la tensione si taglia con il coltello e le due squadre sembrano avviarsi al riposo sul punteggio di 0-0. Ma al minuto 34 arriva la prima opera d’arte di Milito. Rinvio dal fondo di Julio Cesar, che pesca in maniera precisa proprio il numero 22 nerazzurro, che serve con un’ottima sponda aerea il compagno di squadra Sneijder. L’olandese ricambia l’invito e serve un pallone fatato all’argentino, che si infila tra le due colonne d’Ercole della difesa bavarese (Van Buyten e Demichelis) e beffa Butt in uscita prendendolo in controtempo con una zampata da autore. La seconda opera d’arte è un marchio di fabbrica della cavalcata nerazzurra, oserei dire quasi l’apoteosi sia del percorso stagionale dell’Inter sia di quello calcistico di Milito, che in quel momento tocca probabilmente il vertice più alto della sua storia futbolistica. Il cronometro indica il minuto numero 69, Walter Samuel ha appena dimostrato a tutti perché è soprannominato “The Wall” murando letteralmente una conclusione a botta sicura del croato Olic. Il pallone si impenna è arriva quasi sulla trequarti campo, dove Sneijder lo doma con la sua classe e lo smista immediatamente ad Eto’o prima di essere quasi abbattuto malamente da Badstuber. Il centravanti camerunense supera la trequarti e apre immediatamente il gioco verso la sua sinistra, dove c’è Milito ad attendere il pallone. La stella di Bernal lancia la sua volata verso la porta bavarese, punta dritto e deciso Demichelis, che indietreggia e temporeggia in attesa di affondare il tackle per fermare l’avanzata avversaria. Ma in quel momento Milito ha già deciso il finale di quell’azione, studia attentamente ogni singolo movimento del difensore biancorosso sino al limite dell’area di rigore, dove decide di saltarlo con la consueta finta a rientrare: movimento ad accentrarsi  e cambio di direzione repentino a rientrare con l’interno del piede destro, scelta che fa rimanere inchiodato Demichelis, il quale può solo guardare l’attaccante argentino scappare via. Caso vuole che qualche anno più tardi sempre un difensore bavarese cadrà in una trappola molto simile, l’autore è sempre un argentino, il suo nome è Lionel Messi mentre il teatro è la semifinale di Champions League. Tornando al Bernabeu, ciò che successe dopo quella giocata è noto a tutti, piatto destro, pallone in rete e “il principe che diventa re nella notte di Madrid”. L’Inter torna sul tetto d’Europa dopo 45 anni di astinenza e completa la sua stagione magica mettendo a segno il “triplete”. Un’annata storica anche a livello individuale, infatti il numero 22 ritocca il tetto di gol segnati salendo sino a quota 30 e si candida fortemente come uno dei probabili favoriti per il pallone d’oro. Ma France Football non la pensa allo stesso modo, infatti nella lista dei 23 candidati finali alla corsa per il “Ballon d’Or” figurano ben quattro giocatori dell’Inter, ma tra questi non c’è Diego Alberto Milito. Lui, da giocatore di alta classe, non batte ciglio, non protesta ma si limita signorilmente a ringraziare tutti quelli che avevano sostenuto la sua candidatura.

Nelle successive quattro stagioni Milito rimane a difendere i colori nerazzurri, continuando a segnare con una certa regolarità ma ripetendosi solo una volta a grandi livelli, precisamente con i 26 gol della stagione 2011/12. Il periodo non felicissimo dell’Inter non contribuisce significativamente a livello di vittorie, ma comunque il “Principe del Bernal” si toglie qualche soddisfazione. Innanzitutto replica la grande impresa di mettere a segno quattro reti in una sola gara (remake del primo episodio spagnolo) nel match del 1° Febbraio contro il Palermo (terminato con un pirotecnico pareggio per 4-4) e succedendo a Christian Vieri, che vi era riuscito nel 2002 contro il Brescia. Il secondo grande punto esclamativo è la nuova tripletta in una stracittadina, infatti stavolta è Il Milan a dover subire tre reti dal centravanti argentino nel derby perso il 6 maggio per 4-2; tris pesante con cui supera anche Ronaldo nella classifica dei migliori goleador nerazzurri di sempre. La sua parabola discendente con l’Inter inizia con l’infortunio occorso nella gara di Europa League contro il Cluj, dove subisce una doppia lesione al legamento crociato anteriore e al collaterale sinistro. Questo stop mette a dura prova il suo fisico, tanto è vero che il suo ritorno avviene a fine 2013 nella roboante vittoria contro il Sassuolo, una delle sue ultime apparizioni in maglia nerazzurra.

RITORNO AL RACING E CHIUSURA CON IL TITOLO

Ma Milito ha ancora un piccolo impegno a cui adempire prima del termine della sua carriera, ovvero tornare alla casabase, quel Racing che aveva portato al titolo nel lontano 2001 e che lo aveva lanciato tra i professionisti. Il sogno si corona il 19 Giugno del 2014, quando il club di Avellaneda annuncia il ritorno del Principe. Milito è esperto in “ritorni vincenti” e infatti, come già accaduto nella sua seconda volta al Genoa, anche al Racing stupisce, fa sognare e lascia il segno. In quella stagione decide di caricarsi la squadra bianco blu sulle spalle per un’ultima volta e di condurla verso un altro titolo nazionale contro ogni pronostico. Milito contribuisce con sei reti, ma per lui questa è una avventura vissuta con il cuore, quasi da tifoso. A sostegno di ciò c’è l’esultanza scatenata nel derby contro l’Independiente (terminato con una sconfitta per 2-1), dove si vede un Milito inedito, che infrange quel comandamento di disciplina che aveva mantenuto per tutta la sua carriera (anche nel non inserimento nella lista per il pallone d’oro), andando ad esultare sotto la curva dei tifosi avversari. La migliore prova, forse anche la più emozionante, arriva il 31 ottobre quando decide la sfida contro il Crucero del Norte con una doppietta da autore ma prima di tutto ciò viene anche omaggiato dal cilindro con un’ovacion lunga un minuto fatta al 22esimo. Momenti da brividi che solo il furbo caliente argentino può regalare. Di questi “Homenajes” (omaggi in spagnolo) c’è sono stati a grappoli nel corso del suo ritorno al Racing, ma questo sopra tutti è stato senza dubbio il migliore. Nonostante la fine del contratto fissata per il Dicembre del 2015, il “Principe” decide di prolungare la sua carriera sino all’estate dell’anno successivo. Il suo ultimo match in maglia Racing risale al 21 Maggio dello scorso anno in occasione del match contro il Temperley, vinto 2-0 con sua firma su rigore e con annesso immancabile tributo al 22esimo minuto.

Questo l’ultimo atto di una carriera straordinaria, composta da una gavetta forse troppo prolungata ma alla fine ricompensata dai grandi successi ottenuti con l’Inter nel 2010. Nonostante tutto nel suo percorso futbolistico sono state tante le mancanze, fra tutte la non-candidatura al pallone d’oro del 2010 e le poche chance concessegli in nazionale, dove ha dovuto fare i conti con delle gerarchie abbastanza rigide. Un percorso degno di un grande “Principe”, che si è concluso nella nottata italiana di sabato con l’amichevole tra “i campioni del 2001” e alcuni suoi grandi amici, dove Milito ha illuminato ancora una volta il prato del “cilindro” a modo suo, a suon di gol.

 

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Appassionato di ogni genere di sport (calcio e basket in primis), è un grande esperto del "calcio minore". Che sia la Copa Libertadores o la terza divisione danese poco importa, in qualunque campo rotola un pallone e ci sono 22 uomini c'è sempre una storia da raccontare.

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