Il caso Icardi: l’involuzione culturale di sport e letteratura

Mi chiedo quanti anni ha Icardi per aver scritto un’autobiografia, deve essere più vecchio di quello che mi aspettavo, invece no, un paio di clik su google ed ecco li, che spunta “Rosario, 19 febbraio 1993”, un paio di anni più piccolo del sottoscritto.

Dovessi prendere la decisione di leggere l’autobiografia di un giocatore noto e contemporaneo non saprei esattamente cosa scegliere, non vi sono personaggi che attirano la mia attenzione, che hanno palesato uno spessore culturale che mi ha spinto a cercare informazioni aggiuntive su quell’atleta. E’ un mondo calcistico fatto di stancanti stereotipi, l’aggressività di Zlatan, il ragazzo cresciuto prima come uomo nei sobborghi svedesi, per poi farsi strada nel calcio mondiale a suon di gol e spacconeria. Poi abbiamo giocatori di altrettanto indubbio valore, diligenti, mai con un comportamento fuori dalle righe come Chiellini e Pirlo.

Vi sono alcuni punti in comune con le storie i questi personaggi, attraverso di loro non si riesce a leggere la cultura del tempo che viviamo, forse perché non vi è proprio cultura, in quanto inglobata da una realtà fatta di iperinformazione, che converge in un contesto simulativo, nel quale la capacità di espressione si riduce ai 140 caratteri imposti da twitter, senza l’elaborazione di un pensiero critico. L’altro punto in comune è che, i personaggi sopra citati, hanno avuto la decenza di pubblicare il loro libro in uno stato avanzato della loro carriera, quando già avevano sollevato innumerevoli trofei al cielo.

Ora mi chiedo, “Che cosa avrà mai fatto di così magnifico Icardi per scrivere un libro a 23 anni? Deve essere proprio un prodigio del calcio o un contenitore di storie umane veramente interessanti da raccontare”. Nulla di tutto questo. Icardi è il perfetto esempio degli idoli moderni, dal calcio, passando alla musica alla stessa letteratura, ovvero totalmente vuoto. Uomo da copertina, certamente bravo nel suo mestiere, contornato da storie intriganti e intrecci amorosi da dare in pasto a un giornalismo quantitativo per fare felici masse oramai lobotomizzate dal prodotto a consumo inesauribile della realtà virtuale, al fine di alimentare quel concetto di “ignoranza” che oggi va tanto di moda, mettendo la cultura da parte.

Icardi non rappresenta assolutamente nulla, ne dal lato sportivo e nemmeno da quello umano. Capitano dell’Inter a 23 anni (viene facile la retorica del tipo “una volta c’erano Bergomi e Zanetti”), prima di approdare in nerazzurro si forma nelle giovanili del Barcellona, per poi fare il suo debutto da professionista nella Sampdoria. Solo il tempo ci dirà se diventerà un grande giocatore, ma per ora i numeri paiono essere dalla sua con 58 reti segnato con la maglia dell’Inter, ma ha fatto solo questo. Icardi ha una vetrina dei trofei ancora vuota e non fa arte della selezione argentina. Con la maglia albiceleste ha disputato solo 7 minuti nel 2013 in una partita persa contro l’Uruguay nel 2013.

Nulla che giustifichi un libro sulle sue gesta a 23 anni dal lato sportivo, mentre per quanto concerne la vita privata è palese che anche questa non ha nulla di assolutamente interessante da un punto di vista prettamente culturale. Il triangolo Maxi Lopez, Icardi e Wanda Nara potrebbe essere benissimo paragonabile alle sciatterie del Grande Fratello Vip o qualsiasi altro programma spazzatura che vi venga in mente. Sapete già quella che è stata l’estate di Mauro, la lunga e tortuosa storia del rinnovo del contratto e ora il dissidio con la Curva Nord. Più che essere un capitano, un forte elemento unificatore, Icardi è un uomo che spacca lo spogliatoio, al fine solo di alimentare il proprio ego, far fruttare la propria immagine e quella di Wanda Nara.

Eppure, nonostante questo personaggio sia totalmente insignificante, ha scritto un libro a 23 anni, già sold out. Sicuramente i tempi sono cambiati, nel calcio di alto livello è assolutamente impossibile che emergano uomini veri, di cultura e politicamente dissidenti come poteva essere Socrates. Non c’è spazio per ulteriori Socrates nel mondo del pallone, così come non ve ne sarebbe per un Kurt Cobain nel contesto musicale di oggi. Se personaggi simili oggi esistono vengono sommersi dall’anti cultura propinata da internet, dal conformismo dilagante, nel quale ad esempio il nuovo taglio di Balotelli o con che cosa mangia il kebab Pogba, fanno molta più notizia della GFBiochemicals di Mathieu Flamini.

Vi è sicuramente un responsabile per l’involuzione culturale che sta attraversando questo sport, ma la colpa è solamente la nostra. E’ colpa del pubblico, disposto a credere a qualsiasi menzogna o notizia distorta che gli viene presentata, nel disperato tentativo di dare un senso e un minimo di felicità alla propria esistenza tramite il calcio. E’ colpa di quel tipo di pubblico disposta a esaltare anche il gesto più insulso dell’atleta in questione, sperando di trovare idoli quando non ce ne sono. E’sempre colpa del pubblico alla ricerca di gossip e notizie che facciano scalpore. E’ anche colpa dei giornalisti, degli editori, che si adeguano al cambio dei tempi, con il trasferimento della parola su internet e una compulsiva ricerca dell’informazione, a discapito della qualità di questa. E’ colpa dei social media, che hanno distorto il nostro modo di parlare e di esprimerci, con la prevalenza della filosofia “bomberistica” o “ignorante” almeno in campo sportivo. E’ colpa ancora una volta dei social network, perché come diceva Eco danno diritto di parola anche agli imbecilli.

Così, in questi contesti emergono figure come quella di Icardi e Wanda Nara, che ci aggiornano costantemente sulle loro attività tramite social network: “Sono come una droga” aveva dichiarato Mauro un anno fa, una droga che a lui serve per alimentare la propria immagine e emergere come uno di quei prodotti usa e getta del mercato moderno; una droga che invece a noi gente comune serve per darci l’illusione di sentirsi meno soli.

Il grande David Foster Wallace sosteneva che la funzione dei libri è quella di farci sentire meno soli, attraverso l’esperienza di un viaggio, di un insegnamento. La letteratura moderna che emerge in questi anni in Italia, che vince i Premi Strega -che una volta venivano assegnati ad Arpino- è solo carta per falò. Autori farsa e per dirla alla Pippo Russo, degli analfabeti sentimentali come Nicola Lagioia, la Gambareale, il sempre inopportuno e insopportabile buonismo di Gramellini, superficiale come non mai in questi ultimi tempi (chi si ricorda i pezzi che scrisse riguardo Vardy e Pellè?); oppure varcando i confini nazionali ci ritroviamo di fronte a sciatterie come 50 sfumature, le quali successivamente vanno a influenzare anche la produzione cinematografica, alimentando la destrutturazione della cultura.

Non ci sono vie di salvezza in questo processo, la via intrapresa è irreversibile. Icardi, Wanda Nara e il suo editore vincono, il pubblico è contento di sublimarsi in contesti privi di significato. Rimane poco da salvare, fintanto che il nostro intelletto è schiavo dei dispositivi che ci portiamo appresso, che ci conferiscono l’illusione di essere connessi con il mondo, di seguire in tempo reale la diatriba Icardi-Maradona, mentre magari siamo soli chiusi in una stanza. Credo che proprio l’evidente solitudine di quest’epoca storica permette di mitizzare chiunque, e fintanto che il virtuale andrà a sopprimere il reale, tale processo sarà sempre più forte.

About Nicholas Gineprini 544 Articoli
Sono nato a Urbino il 2 maggio 1991. Nel luglio 2015 ho conseguito la laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche. Mi occupo di giornalismo sportivo con un'attenzione particolare al lato economico e allo sviluppo del calcio in Cina, che approfondisco nel mio Blog Calcio Cina. Nel febbraio 2016 ho pubblicato il mio primo libro: IL SOGNO CINESE, STORIA ED ECONOMIA DEL CALCIO IN CINA, il primo volume, perlomeno in Europa a trattare questo argomento. Scrivo anche di saggistica (sovversiva) per kultural.eu

7 Commenti su Il caso Icardi: l’involuzione culturale di sport e letteratura

  1. Ottimo spunto del sempreverde Nicholas Gineprini. Detto questo in maniera un po’ confusa e febbricitante provo ad aggiungere una serie di considerazioni sul pezzo di Nicholas, che tra l’altro è anche un bel partito perché farmacista, ma questa è un’altra storia. Il paradigma “Icardi” del giocatore obliato dal denaro è frutto di una società che ha debilitato l’apporto ideologico-politico nei ragazzi che si orientano fra i venti ed i trent’anni. Io stesso mi sento avulso da qualsiasi approccio ideologico-politico ed a stento posso mettere nero su bianco quello che penso e credo. La politica è una realtà distante rispetto agli anni 70′-80′, a mio dire. Questo cosa vuol dire? I calciatori non hanno MAI letto Joyce o si sono trastullati con Goethe, bensì hanno preso posizione in un ottica rivoluzionaria-politica. Quest’oggi non è possibile. Non può più esistere Cruijff che da personalità saggia, ma non certo intellettualmente raffinata, si schiera contro Castiglia e Adidas intesa come multinazionale. Il mio discorso è confuso, ma offro delucidazioni: Neymar non potrebbe mai guadagnare spessore perché non ha occasione di esser “politicamente” impattante. Lo “schierarsi” è puro esercizio estetico (i capelli biondi o tatuaggi) non ideologico. Per assurdo, poiché la cultura è sempre più accessibile, Neymar può ritrovarsi a leggere il caro Infinite Jest di Nicholas, ma non credo possa comprovare questo suo ipotetico amore per la letteratura. Parlo di un rapporto giocatore-momento sincronico della nostra realtà che non ci permette (nel mondo occidentale) di schierarci in maniera significativa. È un discorso un po’ buttato lì, ma spero di essermi spiegato. Adocchiando il motivo dei social la considerazione viene da sé: ognuno può dire quello che vuole, perciò implica che tutti – anche in maniera un po’ alienata ed alienante – impongono il proprio dire, ma è un morbillo che non scopriamo oggi. Detto ciò, se il mercato editoriale – sempre più allo stesso livello dei “social” – ti permette di dire OGNI banalità che ti attraversa è presto detto: l’equazione Icardi + Banalità + Seguaci = Danaro. Ma è una considerazione che si può fare con i romanzi d’appendice di metà Ottocento. Nulla di nuovo e nulla di “Icardiano”. La banalità dell’editoria italiana è una continua ricerca di un storytelling vuoto e poco vissuto: un opaco spettro del “self-made man” che dalle periferie delle metropoli a suon di pallonate si guadagna soldi e fama. (Notare che nessuno parla della bacheca sprovvista di Icardi come fa Nicholas, ma questo è un paradigma della scrittura agiografica che ci perseguita dal Medioevo). Icardi non è però Mastro Don Gesualdo, perché questi ragazzi sembrano essere esenti da cantonate. Chiudo dicendo che Icardi non ha detto nulla, non ha inventato nulla e Wanda Nara dovrebbe leggersi Cioran per aver un po’ di coscienza di sé stessa. Mi scuso per la forma, ho scritto di fretta.

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