Chi è Alfred N’Diaye

Il rapporto tra allenatore e direttore sportivo è sempre ambiguo, pieno di compromessi, ma necessita anche di reciproca fiducia. In questo senso Marcelino non ha mai preteso molti giocatori, solitamente preferisce designare i profili e poi valutare con la dirigenza i nomi proposti in base al costo dei cartellini. Ma fra i pochi nomi che sicuramente ha preteso spicca quello di Chéryshev, arrivato da perfetto sconosciuto e divenuto una delle ali più ficcanti mai viste al Madrigal. Beh, anche Alfred N’Diaye va annoverato tra i capricci del tecnico amarillo, che per la sua nuova avventura in Champions League ha chiesto proprio il centrocampista del Betis. Un 26enne che è esploso solamente la stagione appena conclusa e che il Villarreal ha dovuto pagare sette milioni e mezzo (più altro mezzo milione di bonus facilmente attivabile, e un altro eventuale milione più complicato).
Alfred N’Diaye nasce a Parigi il 6 marzo ’90 da genitori senegalesi, e la sua storia per alcuni versi ripercorre quella di Cédric Bakambu. È un francese di seconda generazione, nato nella Ville Lumière, che finirà nel Bursaspor e per scegliere la sua nazionale d’origine per ovvi motivi di opportunità, proprio come Bakambu. I primi passi li muove all’età di dieci anni nell’US Vandœuvre, club di Vandoeuvre-lés-Nancy, dove la sua famiglia risiede, sognando di ripercorrere la carriera di Patrick Vieira, che come lui è franco-senegalese e in quegli anni si impone come uno dei migliori centrocampisti tuttofare del mondo. Quattro anni dopo ha la grande opportunità di entrare nella scuola calcio del Nancy, la squadra di riferimento della regione. Nel centro di formazione all’interno della foresta di Haye si guadagna il suo primo contratto professionistico all’età di sedici anni. Da lì in poi la sua evoluzione di calciatore procede spedita, iniziando a vestire tutte le maglie della selezioni giovanili francesi dall’under-17 all’under-21. Proprio con l’under-17 di Blaquart raggiunge i quarti di finale nella Coppa del Mondo di categoria del 2007, dove la sua Francia, che può contare anche su Sakho e M’Vila, si piega ai rigori contro la Spagna di De Gea, Bojan Krkić e Iago Falque.
Qualche mese più tardi trova anche il debutto tra i grandi, esordendo in Coppa di Lega, ma sarà solo un’apparizione. Resta però nella formazione primavera, intenta a lottare per non retrocedere, per poi fare il definitivo salto in prima squadra nella stagione successiva. Il 2008/09 è l’anno della svolta. Dopo un paio di mesi il tecnico Pablo Correa si convince a lanciarlo titolare, e lo fa in un match di cartello: contro il Paris Saint-Germain. La gara finisce a reti vergini e N’Diaye diventa a pieno titolo un membro delle rotazioni della rosa, tanto da tornare titolare contro l’Olympique Marsiglia al Vélodrome, dove il Nancy stravince con uno zero-tre. A fine anno parte per un’altra esperienza internazionale: la selezione francese under-19 si reca in Ucraina per la Coppa del Mondo di categoria, e Jean Gallice riconferma parte del blocco di due anni prima: oltre a lui c’è ancora M’Vila, ma non Sakho, mentre in attacco spicca la stella di Brahimi, capocannoniere.
Dopo il pareggio dell’esordio, N’Diaye sigla all’ultimo minuto regolamentare la rete che permette alla sua nazionale di evitare la sconfitta contro la Turchia, e nell’ultima gara con la Spagna Brahimi elimina gli iberici, permettendo ai galletti di prendersi la rivincita per l’eliminazione di due anni prima. Ma in semifinale il sogno transalpino si spegne contro l’Inghilterra di Walker, Drinkwater e Welbeck. La sua crescita continua nel Nancy, dove man mano si conquista il posto e all’occorrenza, sotto la guida di Correa, impara a giocare anche da difensore centrale. Ma nell’estate del 2011 con l’addio del tecnico uruguagio dopo nove anni sulla questa panchina, anche la sua avventura francese è destinata a finire. Il Bursaspor lo preleva per poco meno di tre milioni di euro. Mentre la sua under-21 fallisce la qualificazione agli europei in Danimarca, nonostante elementi di qualità come Varane o Griezmann.
Anzi, sarà proprio nel periodo turco che deciderà di lasciare la nazionale francese e scegliere la selezione senegalese. Nella Super Lig le cose vanno discretamente bene, il Bursaspor si limita a vivacchiare, ma le sue prestazioni attirano l’attenzione di Lee Congerton, d.s. del Sunderland, che dopo un anno e mezzo lo riporta nell’Europa che conta per 3,3 milioni di sterline (4,7 milioni in euro). Qui trova subito spazio, sia con Martin O’Neill – che però viene esonerato a fine marzo – che con Paolo Di Canio, che lo sostituisce fino a fine stagione, quando il Sunderland si salva all’ultima giornata. Ma l’arrivo di Gustavo Poyet pone fine alla sua esperienza in Premier League. Con questo tecnico uruguaiano non c’è intesa, tanto che lo mette sul mercato appena arrivato. In attesa di una sistemazione il c.t. Alain Giresse lo convince a scegliere la selezione senegalese. «Mentre aspettavo la chiamata dalla selezione maggiore, mi contattarono dal Senegal. […] Decisi di andare sul posto, parlai con i membri della Federazione e decisi di giocare per il Senegal. Inoltre ebbi la possibilità di andare a giocarmi i Mondiali, ma andò male» rivelò poi N’Diaye. Già perché il suo secondo gettone fu proprio nell’andata dello spareggio contro la Costa d’Avorio di Yaya Touré, Gervinho e Drogba. La nazionale di Lamouchi s’impose tre a uno, e al ritorno portò a casa un pareggio e la qualificazione.
Intanto Alfred N’Diaye aveva ritrovato una sistemazione in Turchia, con un prestito al modesto Eskişehirspor. Nonostante le sue prestazioni che lo elevano a fuori-categoria, una serie di problemi personali gli permettono di svincolarsi dalla squadra turca e trovarsi un’altra squadra. La svolta della sua carriera è il passaggio al Betis, che lo riporta in un campionato di livello. Il club andaluso naviga in acque disperate: è il fanalino di coda della Liga e ha già cambiato due allenatori: Pepe Mel e Juan Carlos Garrido, figura di rilievo della recente storia amarilla. Per risalire la china la società punta su Gabriel Calderón, allenatore esperto, e oltre a lui arriva anche Léo Baptistão. Calderón gli chiede di tornare a fare quello che N’Diaye non faceva più dai tempi del Nancy: il centrale difensivo. Perché all’occorrenza il suo 4-2-3-1 deve trasformarsi in un serrato 5-3-2, e lui è l’uomo che deve abbassarsi, proprio come faceva in Ligue 1 e a volte nelle selezioni giovanili. «Erano tre anni che non giocavo in quella posizione, ma il mister mi disse di giocare come sapevo e non sentii pressioni» spiegò lui stesso.
L’impatto con la Liga è pazzesco. Dopo una settimana e mezza di allenamenti debutta contro l’Espanyol e disputa una delle sue migliori partite in carriera. Il Betis vince due a zero, lui prende in mano il centrocampo e poi si abbassa in difesa a bloccare qualsiasi avversario abbia intenzione di entrare in area. Alcuni giornalisti locali gli danno del gordito, dicono che sia sovrappeso. Lui risponde prima con i fatti, e poi a parole. «Questa storia esce fuori in ogni squadra in cui sono stato, ma poi quando mi vedono giocare dicono che sto bene così» disse nel corso di un’intervista qualche giorno dopo il match «Io sono sempre stato così, e quando gioco a centrocampo in media corro tredici chilometri per partita». Siviglia è già pazza di lui. Ma non basterà. Il ritardo in classifica sarà eccessivo, il Betis viene eliminato dall’Europa League in un cocente derby con il Siviglia e la squadra retrocede in Segunda División. Ma lui non ha alcuna intenzione di scendere di categoria. Il fratello, nonché suo procuratore, Bakary N’Diaye, passa tutta l’estate cercandogli una sistemazione migliore con scarsi esiti. Così l’ultimo giorno di mercato cede alle lusinghe del Betis, disposto a fare di tutto pur di trattenere quel muro umano.
Il Betis lo riscatta all’ultimo e lui torna in Andalusia alquanto impreparato. Senza un’adeguata preparazione tornano le polemiche circa la sua forma fisica. Ma stavolta le critiche sembrano fondate: Alfred è sovrappeso di quattro chili e in campo sembra uno dei tanti. La società decide di affiancargli un dietologo che segua solo lui e le sue prestazioni vanno in crescendo fino al meritato ritorno in Liga. L’anno scorso, in massima serie, ha finalmente potuto mostrare tutto il suo potenziale disputando a ventisei anni il suo miglior campionato di sempre. Ma l’arrivo di Gustavo Poyet sulla panchina betica non poteva che significare un nuovo addio. Marcelino invece crede fortemente nelle sue capacità. N’Diaye, dall’alto dei suoi 188 centimetri, gode di una forza fisica eccezionale che gli permette di erigere una diga nella parte centrale del campo e recuperare molti palloni. Dettame che spesso riesce a portare a termine anche diversi metri più avanti in fase di transizione difensiva, proprio come Marcelino ha preteso da Bruno Soriano quest’anno. Forte nel gioco aereo e tatticamente molto preparato, i suoi punti deboli sono la lentezza e la fase d’impostazione.
Ma quel che Marcelino vuole da lui è quella forza muscolare che è spesso mancata a questa squadra. D’altronde (secondo genealogy.familyeducation.com) il suo cognome parrebbe derivare dall’arabo nadïy, ossia “generoso”. Non solo calcisticamente, ma anche umanamente. Come quando nella gara contro l’Osasuna si conquistò l’appellativo di eroe in seguito al cedimento di una balaustra che spaventò molti tifosi ferendone alcuni. Fu immortalato dalle telecamere mentre soccorse un bambino portandolo in braccia verso il personale paramedico, e il giorno dopo rivelò di aver telefonato al padre per avere notizie sul suo stato di salute. Difficile non prendere a cuore un gigante buono. Il suo apporto sarà sicuramente importante: dovrebbe sostituire Tomás Pina e probabilmente lo farà egregiamente. L’unico dubbio resta sulla bontà della cifra sborsata dal Villarreal: sette milioni e mezzo, che quasi sicuramente saranno otto, ma potrebbero diventare nove. Tanti per un ruolo in cui il Submarino amarillo era abbastanza coperto. Come sempre sarà il campo ad emettere verdetti.