L’emersione del Submarino amarillo: come e perché il Villarreal è tornato grande

Quest’anno Marcelino è arrivato dove nessuno si sarebbe mai sognato a inizio stagione: ha raggiunto l’ambitissimo quarto posto in Liga con due giornate di anticipo e una storica semifinale di Europa League, il che rende l’annata del Villarreal tra le migliori della storia del club. Per quanto riguarda il doppio cammino ha eguagliato quanto fece Juan Carlos Garrido nel 2010/11, mentre in assoluto questa stagione può essere facilmente accostata alle due prime campagne in Champions League in cui il Submarino amarillo fu eliminato prima in semifinale e poi nei quarti (sempre dall’Arsenal) ma durante le quali fallì l’obiettivo quarto posto entrambe le volte. Non solo: il tutto con premesse più che umili. A maggio scorso il Villarreal chiuse con un distacco di 17 punti dalla zona Champions e si arrese appena agli ottavi in Europa League, e avendo subito l’ennesima rivoluzione in rosa – sono infatti cambiati tutti e otto i giocatori offensivi, ossia i quattro esterni di centrocampo e i quattro attaccanti – l’ambizione era quella di assicurarsi un posto nelle zone europee e migliorare le prestazioni internazionali. Chapeau.
Sicuramente bisogna tenere conto del crollo delle due dirette rivali Valencia e Siviglia che, rispetto allo scorso anno, hanno chiuso rispettivamente con 33 e 24 punti in meno. Ma ciò non toglie un’impressionante regolarità che il Sottomarino giallo ha dimostrato nel corso di tutta la stagione: stabilendosi nelle posizioni europee (dove è rimasto dalla seconda giornata in poi) e agguantando il quarto posto un paio di settimane prima la conclusione del girone d’andata senza più mollarlo. Gran parte di questi importanti risultati sono arrivati grazie a un andamento casalingo fuori dal comune: nelle sei gare contro le grandi – le due madrilene, il Barcellona, il Siviglia, il Valencia e l’Athletic Bilbao – Marcelino ha raccolto sedici punti su diciotto come mai nessuno era riuscito a fare nella Plana Baixa. In tal senso il record societario apparteneva ovviamente a Manuel Pellegrini che nel 2007/08 con cinque vittorie e una sconfitta totalizzò quindici punti, e solamente una volta prima di quest’anno il Madrigal era uscito inviolato da queste sei partite di cartello: nel 2004/05 e sempre sotto la guida del Ingeniero Pellegrini. Questo dato è abbastanza rilevante considerando che era ritenuto uno dei punti deboli di Marcelino, che appena l’anno scorso aveva raccolto tre miseri punti e cinque sconfitte, la peggior statistica delle sedici stagioni in massima serie del Villarreal. Anzi, considerando tutte le partite contro le compagini che hanno chiuso la stagione con una classifica migliore il Villarreal di Marcelino aveva raccolto appena nove punti su sessantatré disponibili nelle sue prime due stagioni e mezzo. Un cambiamento pazzesco.
Ma la grande forza del Madrigal è stata soprattutto una difesa quasi invalicabile: per tre mesi – tra il 6 dicembre 2015 e il 5 marzo 2016 – il Sottomarino giallo non ha incassato reti di fronte al proprio pubblico in gare di campionato, una striscia record di 709 minuti che ha spazzato via il record societario (tra l’altro fissato proprio l’anno scorso da Asenjo che arrivò a 619 minuti, e che detiene ancora l’imbattibilità assoluta – cioè considerando tutte le competizioni – a 791 minuti). Questa striscia ha contribuito a una striscia di risultati utili consecutivi fermatasi a quattordici gare in Liga, anche questo è un primato societario (escludendo le strisce a cavallo tra due diverse annate). Ma in campo internazionale le cose non sono andate diversamente visto che il Villarreal si è congedato dall’Europa League vincendo tutte e sette le partite casalinghe senza subire nemmeno una rete. Detta in altri termini in 630 minuti ha saputo mantenere la porta inviolata.
Proprio questi numeri ci portano a considerare la principale differenza tra il Submarino amarillo visto nei primi due anni e mezzo di Marcelino e quello che quest’anno ha saputo fare il salto di qualità. Abituati a vedere un calcio propositivo, frizzante, impostato sul possesso e sulla circolazione, la squadra modellata in questa stagione calcistica è parsa totalmente un’altra, come se ad essere cambiati non fossero stati solo i giocatori ma proprio l’allenatore. Basti rivedere le gare casalinghe che due anni fa il Villarreal giocò contro il Real Madrid o contro il Valencia: dominio territoriale e pieno controllo della sfera che però hanno portato a due pesanti sconfitte interne. La sterilità orizzontale dell’armata gialla ha man mano lasciato il posto a uno stile più attendista, più “all’italiana” potremmo dire. Marcelino si è reso conto che, pur volendo proporre un calcio brioso, non avrebbe potuto farlo senza ripercussioni sul risultato perché quando formazioni tecnicamente superiori potevano ripartire in velocità negli spazi lasciati dietro, la sua squadra finiva per essere bastonata. Così ha deciso di soffermarsi su un sistema più attento a coprire che a costruire, per poter ferire gli avversari come lui era stato ferito nelle prime due stagioni.
Con questo approccio il Sottomarino ha chiuso con sole 35 reti subite: altro record assoluto (due in meno dell’anno scorso). E ovviamente questo nuovo sistema ha avuto anche conseguenze sulla fase offensiva. In quanto al puro possesso è diventata una formazione alquanto anonima (12° sui dati Sqauwka, 15° sui dati WhoScored), ma si è spesso messo in evidenza che per tutto il corso della stagione per essere stata la squadra che meno ha tirato in porta (con una media di 9 tiri per gara: lo Sporting, penultimo in questa classifica ne ha realizzati 9.8, mentre nessuna delle retrocesse è scesa sotto 11 e il Real Madrid ha totalizzato 18.7). Ma non si tratta di curiosità statistiche, bensì di marcatori rilevatori. Considerando altri dati quali la media dei tiri in porta per gara (con un coefficiente di 3.5) o della media dei dribbling per gara (7) è la quartultima squadra di Liga a riprova di quanto questo Sottomarino sia diverso.
La squadra vista quest’anno non ha mai preteso di conquistarsi le chiavi del centrocampo anzi, le cose migliori le ha fatto vedere in transizione difensiva recuperando molti palloni sulla trequarti (quasi sempre grazie all’intelligenza sublime di Bruno Soriano) o ripartendo verticalmente in contropiede, dove giocatori come Denis Suárez o Bakambu hanno saputo fare la differenza. Da questo punto di vista merita una menzione anche Soldado il cui lavoro tattico è stato preziosissimo. Sulla soglia dei trent’anni si è reinventato trequartista atipico, in grado di indietreggiare per far difendere il pallone e far risalire la squadra o trovare il compagno di reparto in profondità. Un ruolo a cui non siamo mai stati abituati a vederlo, soprattutto in Spagna dove si è fatto conoscere come una prima punta in grado di fare reparto da solo attaccando la profondità. Il suo apporto realizzativo è venuto a mancare ma è stato ben bilanciato dall’esplosione di Bakambu (per ritrovare un marcatore così prolifico in maglia amarilla bisogna tornare al 2010/11 quando Giuseppe Rossi chiuse la stagione con trentadue centri) e soprattutto da un meccanismo offensivo che ha potuto fare affidamento su più elementi.
In effetti di reti non se ne sono vedute moltissime, la vera forza è stata l’efficacia di una squadra che ha saputo trasformare in rete le poche occasioni costruite. Ha infatti chiuso il campionato con il secondo miglior coefficiente reti/punti delle cinque maggiori leghe europee con un fattore di 1,45 punti per ogni goal fatto al pari del Nantes (contro l’1,40 dell’Atlético Madrid), e dietro solo all’1,54 del Lille. Per riassumere: difende bene, riparte poco, ma quando lo fa la butta dentro. Numeri che hanno permesso di totalizzare 39 punti nel girone d’andata (eguagliato il primato societario, fissato da Juan Carlos Garrido nel 2010/11), e appena 25 in quello di ritorno. Ma questa flessione è uno dei punti fermi delle squadre allenate da Marcelino. I parziali di tutte le sue stagioni complete in Primera División dicono: 30+24 col Recreativo Huelva, 32+28 col Racing Santander, 34+25 e 35+25 nei primi due anni alla guida del Villarreal (senza considerare che in Segunda con lo Sporting Gijón si laureò campione d’inverno ma chiuse fuori dalla zona play-off). A volerla dire tutta nella Plana Baixa il girone di ritorno è sempre stato condizionato da epidemie di infortuni e quest’anno il calendario ha avuto il suo peso: nel ritorno ha dovuto affrontare quasi tutte le grandi in trasferta.
Numeri a parte, una stagione del genere non può essere spiegata senza l’apporto di grandi calciatori, come appunto Denis Suárez e Bakambu che hanno fatto dimenticare Chéryshev e Vietto. Ma soprattutto Areola che in porta ha dimostrato di essere un portiere già pronto per proteggere la porta di una grande d’Europa, e un centrale come Musacchio. Il difensore argentino è stato tormentato dagli infortuni ma quando ha giocato ha fatto vedere grandissime cose. Ancora una volta le statistiche ci aiutano a inquadrare quello che gli occhi e la bocca sanno benissimo vedendolo giocare: in tredici presenze in campionato, su un complessivo di 1.009 minuti giocati, il Villarreal ha subito appena tre reti con lui in campo (Felipe Caicedo e Gerard Moreno nella trasferta coll’Espanyol e Luis Alberto nella visita al Deportivo). Adesso però ripetersi sarà difficilissimo. Marcelino perderà a due spiccioli Denis Suárez, mentre Musacchio, Mario Gaspar e Bakambu potrebbero essere ceduti in caso di offerte interessanti e il lavoro del tecnico asturiano dovrà ricominciare daccapo con una rosa ancora inferiore a quella di rivali del calibro di Siviglia e Valencia. Sia però concesso un ultimo dato: nella sua intera carriera Marcelino si è sempre migliorato in tutte le stagioni in cui gli è stato permesso di chiudere l’anno (ottavo col Recreativo, sesto col Racing, due sesti posti col Villarreal e il quarto posto quest’anno). Con lui in cabina di comando questo Sottomarino può dormire sonni tranquilli.