Premier League: il pagellone di fine anno squadra per squadra

E’ stata una Premier League decisamente sorprendente, è stata una Premier avvincente, ricca di sorprese e colpi di scena, con un esito assolutamente impronosticabile ed una lotta serrata a tutti i livelli della classifica, partendo dalla lotta al titolo, passando per la lotta per i piazzamenti europei ed arrivando fino alla lotta per non retrocedere. E’ stata una Premier da favola per qualcuno, da protagonisti per altri, ma anche di cocenti delusioni e disastri manageriali ed economici. Dipende dai punti di vista. Adesso che tutto è finito e la classifica è cristallizzata nella casella corrispondente al 2015/2016 dell’albo d’oro, possiamo stilare un pagellone complessivo squadra per squadra.

 

I primi della classe: il Leicester

Christian Fuchs

 

Inutile dirlo, si è scritto di tutto e di più, forse anche troppo, della favola del Leicester. Impossibile da immaginare, incredibile da realizzare, il voto non può che essere 10 e lode. Non resta che ripetere tutti insieme come lui, Mister Claudio Ranieri, ci ha insegnato a mo’ di Padre Nostro: Schmeichel; Simpson, Morgan, Huth, Fuchs; Mahrez, Drinkwater, Kanté, Albrighton; Okazaki, Vardy. Senza dimenticare i preziosi rimpiazzi, quali Wasilewski, Schlupp, Amartey, King, Gray, Dyer, Ulloa. Basta così, leggendari!

Quelli bravi, ma non troppo: Tottenham, Southampton, West Ham, Swansea e Watford

tottenham-manchester city 4-1

Al Tottenham si può rimproverare solo il finale, una squadra che aveva dimostrato quasi per tutto l’anno di valere un 9 in pagella, ma era sempre rimasta in bilico attorno all’8,5 e poi a maggio, vista l’impossibilità di fare meglio, si è accontentata dell’8. In pochi avrebbero pronosticato il Tottenham tra i primi tre, considerate le corazzate che si presentavano al via, ma al tempo stesso non molti avrebbero creduto in un loro terzo posto dietro a Leicester ed Arsenal quando la squadra stava lottando per il titolo e si trovava a ridosso dalla vetta. La beffa del sorpasso dei Gunners è la vera piaga di una stagione altrimenti brillantissima. L’esplosione definitiva di Harry Kane, l’affermazione di Dele Alli, la concretezza di Pochettino, l’impenetrabile coppia difensiva Alderweireld-Vertonghen, insomma ci sono le basi per sperare in una sorta di ciclo. Se rimane comunque molto ardua la strada che porta al titolo, nulla vieta di sperare nei primi quattro posti per gli Spurs, anche l’anno prossimo.

Il Southampton era partito malissimo e fino a dicembre tutto lasciava presagire in un’annata storta dopo i fasti dello scorso anno. La prematura eliminazione dall’Europa League sembrava aver lasciato strascichi sul morale dello spogliatoio e la perdita di alcuni pezzi pregiati come Clyne, Schneiderlin ed Alderweireld appariva come un declassamento verso posizioni di medio-bassa classifica. Niente di tutto ciò, con una rimonta eccezionale a partire da gennaio 2016 la squadra di Koeman è tornata al sesto posto e con 63 punti ha battuto il record fissato l’anno scorso. Addirittura viene da dire che, iniziando la rimonta con due partite d’anticipo, ora staremmo qui a parlare dei Saints in Champions League, in fondo mancavano solo 3 punti! Voto 8 in pagella, al pari del Tottenham, che comunque partiva con un organico superiore.

Poco sotto il West Ham, squadra che ha stupito per gran parte della stagione, ma ha registrato un calo nel finale che ne ha compromesso la lotta per la coppa europea che conta di più. Alla fine forse gli uomini di Bilic potrebbero essere riusciti a strappare il pass almeno per l’Europa League, ma le due sconfitte contro Swansea in casa 4-1 e Stoke fuori hanno permesso al Southampton di portare a termine il sorpasso proprio all’ultima giornata. Ad ogni modo gli Hammers hanno bene impressionato, con un Carroll a momenti incontenibile, un sorprendente Cresswell ed un ottimo Michail Antonio. Tutto sommato l’organico non era di primissimo livello, ma alla fine hanno chiuso con soli 4 punti in meno delle squadre di Manchester e ben 12 in più del Chelsea, voto 7,5.

Tra i migliori va annoverato anche lo Swansea di Guidolin, squadra data quasi per perduta a gennaio, quando la panchina di Garry Monk era saltata ed il perno del centrocampo, Jonjo Shelvey, era stato ceduto al Newcastle, diretta rivale per la salvezza. L’arrivo di Guidolin ha segnato un’autentica svolta. La squadra gallese, trascinata dai gol dell’islandese Sigurdsson, ha fatto incetta di punti, affermandosi anche come ammazza-grandi dopo i successi su Chelsea, Arsenal e Liverpool. Una salvezza raggiunta con ragguardevole anticipo ed un biennale pronto per l’allenatore italiano sono il risultato di una cavalcata entusiasmante, portata a termine con un organico pari, se non inferiore, a quello di alcune squadre retrocesse o in bilico fino all’ultimo. Voto 7,5.

Last but not least, rientra nei secchioni del gruppo anche il Watford dei Pozzo. Ok, il finale di stagione non è stato proprio brillantissimo, ma gli Hornets hanno letteralmente volato fino a Natale per poi cedere qualcosa anche a causa del venir meno delle motivazioni forti di una lotta salvezza. Con una seconda parte di stagione vissuta senza grossi pericoli nella parte centrale della classifica, la squadra di Quique Sanchez Flores si è potuta concedere il lusso di adagiarsi sui punti conquistati e fermarsi pigramente poco sopra la fatidica quota 40. Voto 7.

 

I promossi, senza infamia e senza lode: Stoke, Bournemouth, Sunderland, West Brom e Crystal Palace

pardew

Lo Stoke di Mark Hughes è andato benino o, meglio, è andato a tratti benissimo, a tratti no. La discontinuità di questa squadra, soprattutto nel finale di stagione, è la pecca più grande che la pone nella zona dei “soddisfatti, ma non troppo”. 51 punti e nono posto in classifica sono un bel vedere a Stoke-on-Trent, ci mancherebbe, ma forse quest’anno c’erano gli ingredienti giusti per fare quel piccolo salto in più e lottare per un piazzamento europeo. E’ mancato quel pizzico di convinzione, di consapevolezza dei propri mezzi, che Arnautovic sembra tanto avere, ma che non è venuta fuori fino in fondo né in lui né nei suoi compagni. Tirando le somme, un’annata da 6,5, ma con il biasimo di non aver puntato al 7.

Molto bene il Bournemouth, che, come gli scolari con poco talento, ma molto spirito di abnegazione, deve cogliere un 6,5 come un grande risultato. Non era affatto facile rimanere tra i grandi per una realtà come questa. Se pensiamo che squadre storiche come Newcastle e Sunderland hanno dovuto lottare per la permanenza in massima serie fino all’ultima giornata ed una delle due non ce l’ha neanche fatta, sembra incredibile pensare alla tranquillità con cui Howe ha guidato i suoi oltre quota 40. Una piccola grande storia, ma le Cherries devono essere consapevoli che l’anno prossimo sarà ancora più difficile ed è vietato accontentarsi.

Il Sunderland strappa un insperato 6,5 solo per la forza di volontà e la combattività del finale di stagione. Chi ha seguito le ultime partite della Premier può faticare a comprendere i motivi che hanno portato la formazione di Allardyce ad una salvezza così difficile. Forse, però, è proprio la bagarre di fine stagione ad aver stimolato la squadra a tirar fuori il suo spirito battagliero, mentre prima, quando non si faceva sul serio, la difesa viveva di fatto con la testa fra le nuvole causando disastri e trascinando nei bassifondi una rosa che avrebbe potuto ambire a qualcosa di meglio. Il suo voto è superiore a quello di altre squadre che si sono salvate ben prima, ma noi vogliamo premiare il trend positivo, il miglioramento registrato con l’andare avanti della stagione.

Ecco perché West Brom e Crystal Palace non vanno oltre il 6 seppure il loro campionato sia stato molto meno sofferto di quello dei Black Cats. Francamente non è accettabile vedere due squadre compiere un cammino così in una lega spettacolare come la Premier. Sarà colpa della mentalità dei loro manager britannici, il gallese Pulis e l’inglese Pardew, ma l’annata di Baggies ed Eagles è stata quasi parallela. Leggermente meglio i primi dei secondi, ma parliamo di inezie. Fino a dicembre le due squadre si lanciavano verso i piani alti della classifica, raccogliendo le lodi di tutti gli osservatori per quella che sembrava di fatto una salvezza raggiunta con ampio anticipo. Peccato che da gennaio in poi di WBA e Palace si siano perse le tracce. Troppo poco. Quest’anno è andata bene, anche se la squadra di Pardew è stata la penultima a strappare la salvezza matematica (prima solamente del Sunderland), ma non è sempre domenica e se l’andamento in campionato riflette una preparazione mirata, nella stagione prossima basterà incappare in qualche partita sfortunata ad ottobre per ritrovarsi nei panni dell’Aston Villa.

 

Le grandi delusioni: Arsenal, Chelsea, Liverpool, Everton, Manchester City e Manchester United

(L-R) Chelsea's Spanish midfielder Cesc

La stagione del Chelsea è a dir poco inqualificabile. Una prima parte spiegabile quasi esclusivamente come un ammutinamento nei confronti di Mourinho, una seconda parte priva di qualsiasi pretesa con Hiddink in panchina e Conte alla finestra. Non si era mai vista in tempi recenti una prestazione così deludente da parte di una squadra campione in carica. In molti l’hanno dimenticato, ma un anno fa i Blues alzavano il trofeo, Mourinho vinceva nuovamente la Premier e si confermava idolo indiscusso di Stamford Bridge. Un anno fa, non dieci. Incredibile, bocciati su tutta la linea, 4 in pagella se meno non si può dare.

L’altra faccia triste di Londra è quella dell’Arsenal. Ma come? Sono arrivati secondi? Appunto! L’Arsenal negli ultimi anni sembrava essersi rassegnato al ruolo di comprimario alle spalle degli squadroni di Manchester e del Chelsea. Una volta che questi tre hanno completamente toppato la stagione, chi vince il titolo? Il Leicester! E i Gunners quando vincono? Era questo l’anno buono e non ne verranno molti altri. La timida consolazione del sorpasso agli Spurs non può far passare inosservata la luna dietro al ditino di Wenger. 5,5, poco brillanti e per nulla concreti proprio nell’unica stagione in cui contava veramente.

Se Londra piange, Liverpool non ride. Non malissimo, ma male tutte e due le compagini cittadine. I Reds hanno risalito la china con Klopp, ma hanno tralasciato eccessivamente il campionato per concentrarsi sulle coppe col risultato di non portare a casa nulla e rimanere fuori dalle competizioni europee dell’anno venturo. Un 5,5 che vuole premiare la voglia di cambiare dopo un inizio da 5 secco. L’Everton invece è sprofondato senza neanche tentare di dimenarsi. Troppo comodo esonerare Martinez all’ultima di campionato, in molti hanno riposto troppa fiducia in lui. L’organico dei Toffees poteva benissimo ambire alla lotta per i piazzamenti europei, invece non ha saputo produrre altro che un’annata anonima. Voto 5.

Manchester 66 punti, con la differenza che il City chiude 4° e va al preliminare di Champions, mentre lo United si deve accontentare dell’Europa League. Due delusioni. Autodistruttosi il Chelsea, non c’erano scusanti per gli uomini di Pellegrini: erano i più forti e dovevano vincere. Non ci hanno neanche provato. Fino ad un certo punto sembravano molli, ma comunque in corsa e quindi capaci di ribaltare il verdetto nel finale, poi hanno annunciato Guardiola ed è crollato il mondo. Una stagione da 4,5, senza scusanti. Come per lo United, squadra meno collaudata, ma costruita con centinaia di milioni di euro ed incapace di entrare nelle prime quattro, un fallimento. Si aggiunge persino la beffa di arrivare a pari punti con i rivali e dover cedere la posizione per la peggior differenza reti, quando alla penultima giornata erano davanti in classifica grazie al 2-1 che stava maturando sul campo del West Ham. Ovviamente il ribaltone finale che ha portato alla sconfitta ha sancito la definitiva uscita dall’Europa che conta per la squadra che in Europa e nel mondo non ha rivali in termini di supporters e giro d’affari. Difficilmente spiegabile, Van Gaal insalvabile.

 

Le retrocesse: Norwich, Newcastle ed Aston Villa

Leicester-Newcastle (2)
Chi retrocede è bocciato per definizione, ma le tre che abbandonano la Premier hanno tutte storie diverse e partivano con aspettative decisamente differenti.

Il Norwich era una squadra costruita per lottare fino alla fine col coltello tra i denti, ma con un’alta probabilità di venire sopraffatta. La pecca della squadra di Alex Neil sta nel fatto che squadre più o meno simili, leggi Bournemouth, sono riuscite a fare qualcosa in più e rimanere in Premier, mentre il merito è quello di aver lottato e dato filo da torcere a tutti finché la matematica lo ha permesso. Trovarsi a combattere contro Sunderland e Newcastle per un solo posto buono ha ridotto drasticamente le chance dei Canaries, che salutano la massima serie, ma, secondo noi, con un 5,5 d’incoraggiamento, della serie “provateci ancora!”.

Altro discorso merita il Newcastle, una squadra che, in quanto a investimenti (o sarebbe meglio chiamarli sperperi?) può essere considerata il Manchester City della lotta per non retrocedere. La stagione dei Magpies è stata disastrosa sotto ogni aspetto: dall’incapacità di scuotersi con McClaren, alla tardiva decisione di esonerarlo, fino all’assurda pensata di chiamare Benitez, appena licenziato dal Real Madrid, calandolo in una realtà di bassa classifica nella quale non si era praticamente mai cimentato. Arrivare terzultimi con un organico che sulla carta sembrava migliore anche di quello del Leicester campione, oltre che di tutte le altre rivali giunte  tra il nono ed il diciassettesimo posto (Chelsea escluso), come lo vogliamo chiamare? Fallimento è riduttivo, forse catastrofe, disastro. Voto 4, sempre che questo sia il minimo. Volendo anche 3.

Aston Villa, voto 4. Dobbiamo aggiungere altro? Praticamente retrocessi a gennaio, con una situazione societaria precaria, che ora sembra finalmente risolversi in favore di un’acquisizione da parte di un investitore cinese, per i Villans l’anno prossimo sarà il primo in Championship da quando esiste la Premier League. Pessima prospettiva, ma se questo è servito per un cambio netto, non è detto che tutti i mali vengano per nuocere.

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Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.

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