Eibar, i piccoli azulgrana alla spalle dei giganti

Eibar

Questo weekend gli occhi del mondo intero saranno puntati sul Clasico, sfida scintillante che mette dinanzi due corazzate ricchissime. Tre punti separano le contendenti, ma scendendo di poco la classifica – sesta posizione, a meno otto dalla vetta – troviamo un nome inaspettato. Un altro calcio è possibile.

Pensando al calcio spagnolo, le prime immagini che vengono in mente hanno come protagonisti Cristiano Ronaldo, Messi e i loro compagni milionari, star della Hollywood del pallone, attori che ammiriamo di consueto sul palcoscenico della Champions League. Il globale come vocazione, il glamour come massima aspirazione. Certo, la Liga non è tutta qui, ma è opinione comune che, oltre a un paio di club, gli altri abbiano poco da raccontare, non solo in termini economici ma anche di storie. Immaginate adesso una comunità di 30 mila abitanti, un ordine di grandezza che dalle nostre parti riferiamo più a un paese che a una città. Immaginate. Parliamo di un numero di persone che non riuscirebbe ad occopare metà Camp Nou. Ora immaginate tutto questo tra i giganti della Liga. E’ la storia dell’Eibar, un cammino iniziato nel 1940 e ora illuminato dai riflettori, gloria poca ma c’è da tanto da imparare. Paesi baschi, Eibar è un comune nella provincia Guipúzcoa, un angolo di mondo che non sembra destinato alla grandezza ma riesce comunque a ricavarsi un proprio ruolo. A fine 1800 Eibar divenne faro per il socialismo spagnolo, è proprio qui che nel 1931 venne proclamata la seconda Repubblica spagnola, fase convulsa della storia del paese che ebbe fine con la vittoria di Franco nel 1939. Questo passaggio non fu indolore, in mezzo c’è una guerra civile che lascio Eibar in ginocchio.

Lo status di “Region devastada” testimonia una città completamente distrutta, gli abitanti si rimboccarono le maniche gettanto le basi per un periodo di espansione economica. Farcela da soli, nonostante i propri limiti, nonostante la sfortuna. Qualcosa di simile è successo a partire dal gol di Jota contro l’Alaves del 25 maggio dello scorso anno. L’Eibar era una squadra con una buona tradizione in Segunda Division, la nostra cadetteria, con alle spalle una storia fatta di sali-e-scendi, a nulla più della salvezza sembrava poter puntare alla vigilia della stagione. L’Ipurúa, impianto dove di Armeros giocano le gare casalinghe, è tra i più piccoli delle massime serie spagnole, è stato fatto il possibile per ammodernarlo e adeguarlo agli standard continentali, tant’è che è provvisto di certificazione Uefa, tuttavia parliamo di uno stadio da 6267 spettatori. Questo stadio l’Eibar non riesce a riempirlo neppure durante la cavalcata del 2014, quella che l’ha portato a sorpresa nella massima divisione. Promozione ottenuta sul campo ma non basta, la fiscalità spagnola prevede che un club debba avere un capitale pari ad almeno al 25% delle spese medie delle altre società, escludendo dal computo le due con con il capitale magggiore e le due con quello minore. Servivano almeno due milioni, contro i 420 mila che l’Eibar aveva. E quì torniamo al punto di partenza: è un calcio fatto da ricchi per i ricchi. L’Eibar è modello virtuoso, una squadra con i conti in regola. Delle brutte acque nelle quali versano alcuni club spagnoli abbiamo parlato su queste pagine un paio di mesi fa, risulta dunque ancora più ingiusto l’ostacolo posto tra l’Eibar e il sogno.

Curiosità: si tratta dell’unico club calcistico in possesso del certificato ISO 9001, che ne attesta l’elevato standard qualitativo dei servizi. Nessun problema perché, un po’ come in seguito alla guerra, Eibar dimostra di sapercela fare. Nel giro di pochi giorni una raccolta fonda on-line ha fruttato il necessario, in aiuto sono corsi anche i vecchi amici David Silva e Xabi Alonso, che hanno trascorsi nel club basco. Obiettivo raggiunto ed è finalmente Liga dopo 74 anni di storia. Gli uomini di Gaizka Garitano partono bene, anche il nostro Piovaccari offre il suo contributo, al termine del girone d’andata la situazione sembra più che tranquilla. Seconda parte di stagione da incubo, culminata con la retrocessione in virtù della classifica avulsa. Il tecnico della doppia promozione, dalla Segunda Division D alla Primera División lascia e si trasferisce a Valladolid, sembra la fine del sogno. “E’ finito un ciclo”, questo il mesto commiato di Garitano. Stavolta però il destino rimette a posto le cose, premiando l’Eibar per i propri conti virtuosi. L’agenzia delle entrate decide la retrocessione dell’Elche, indebitatissimo e già sanzionato in precedenza, l’Eibar viene così ripescato. “Anche se abbiamo un piccolo budget – spiga il presidente Aranzabal – abbiamo un modello economico diverso rispetto agli altri club spagnoli. Abbiamo meno spese e un deficit sempre contenuto. E’ qualcosa di strano in Spagna perché quasi tutte le squadre hanno debiti enormi, ma noi non ne abbiamo”.

E’ il lato umano del calcio business, una società gestita come un’azienda, una vera, senza fare mai il passo più lungo della gamba. Da ripescati è difficile affrontare un campionato competitivo come la Liga, ma le prime battute della stagione sono da stropicciarsi gli occhi. Gli Armeros volano, in evidenza Adrián (figlio del leggendario Michel, icona del Real Madrid), arrivato proprio dall’Elche, avvio da stropicciarsi gli occhi con le vittorie su Granada e Athletic Bilbao, un derby basco che mai nessuno si sarebbe sognato di vincere. Alcuni giocatori esperti, come Arrabarruena a far da chioccia a un gruppo di ragazzi promettenti, tra i quali figura Simone Verdi, trequartista di proprietà del Milan con trascorsi al Torino e all’Empoli. Attenzione pure al terzino Ander Capa e a Saúl Berjón, ormai una certezza per l’Eibar e sempre pronto a gol spettacolari. E’ ancora presto per sapere se l’Eibar resterà tra i grandi, ma la vittoria è dimostrare che un altro calcio è possibile. Missione compiuta. “Non so se i miracoli esistano, ma l’Eibar è qualcosa di vicino a un miracolo”, se lo dice il presidente Alex Aranzabal c’è da crederci.

Non di solo Clasico vive l’uomo.

About Paolo Bardelli 2098 Articoli
Nato ad Arezzo nei meravigliosi anni '80, si innamora prestissimo del calcio e non avendo piedi fini decide di scriverlo. Ha lavorato nella redazione del Guerin Sportivo e per tre anni cura la rubrica "Dalla A alla Z". Numerose collaborazioni nel corso degli anni con testate tra le quali tuttomercatoweb.com, ilsussidiario.net e il mensile Calcio 2000. Nel 2012 insieme ad Alfonso Alfano crea tuttocalcioestero.it. E ne è molto orgoglioso.

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