Istanbul 2005: la prima grande notte di Gerrard

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Sono trascorsi “solo” 10 anni da quel 25 Maggio 2005. Era una tipica serata di intermezzo tra primavera ed estate, in quel di Istanbul faceva caldo, molto. E’ li che lo vidì per la prima volta ed è banale dirlo ma fu amore a prima vista. Erano trascorsi 45 minuti e le maglie Reds erano sopraffatte da altre sempre di colore rosso ma mescolato al nero, con un diavoletto ben impresso sul petto. Il tabellino indicava imperioso il risultato di 3-0 a favore del Milan: bastarono 60 secondi a Maldini per portare in vantaggio i suoi prima che un implacabile Crespo decideva di archiviare la partita (o almeno così sembrava) con una spettacolare doppietta.

E’ in quel frangente che ebbi l’onore di conoscere Steven Gerrard: nel lungo corridoio che separava gli spogliatoi dal terreno di gioco, cercando di incitare i suoi compagni moralmente distrutti e portare a termine una delle tante sfide per le quali era stato disegnato. Un disegno divino, perché il numero 8 non può essere un prodotto di questo mondo, è qualcosa di più. Ad accompagnare i giocatori sul terreno di gioco ci pensò quel classico “You’ll never walk alone” cantato a squarciagola dai tifosi del Liverpool per sostenere una squadra sull’orlo del delirio.  I brividi! Gerrard chiamò attorno a se la squadra e, ispirato da quelle note, iniziò un’orazione che non ci è dato conoscere, purtroppo.

Gerrard

Fonte foto: Liverpoolecho.co.uk.

Ci basti sapere che dopo quel discorso l’11 del Liverpool cambiò volto. Era il minuto 54 quando sulla fascia sinistra John Arne Riise tentò il cross, ribattuto. La palla tornò sui piedi del norvegese che non ci pensò due volte a scodellare di nuovo il pallone in mezzo: una palla tesa sulla quale, come un orologio svizzero, impattò al momento giusto Steven Gerrard, potè ben poco Dida. La rimonta ebbe inizio. In 6 minuti il club di Anfield pareggiò il match: dopo il gol del capitano ci pensarono Smicer e Xabi Alonso a rimettere a posto il risultato. Fu un segno del destino. Se non ci credete posso darvene la conferma: negli ultimi minuti il Milan si fiondò in avanti cercando disperatamente il gol-partita. Shevchenko, alle ultime battute, sparò un missile in porta da una distanza inferiore ai due metri, Dudek (eroico quella sera) alzò miracolosamente il braccio e spedì il pallone in corner: quel tiro, che sarebbe entrato 999 volte su 1000, quella sera non doveva entrare.

Gerrard

Fonte foto: calciomercato.com

Si arrivò inesorabilmente ai calci di rigore: i giocatori, esausti, erano in uno stato di tensione che non si può esprimere a parole se non lo si vive. Il primo rigore lo calciò il Milan, si incaricò della battuta Serginho: rincorsa breve e tiro alle stelle. Fu il momento del Liverpool con Hamann, Dida sfiorò il pallone il quale però scivolo in fondo alla rete, 1-0. Toccò a Pirlo, errore. Cissè, gol. 2-0 per il Liverpool. I rossoneri accorciarono le distanze grazie alle realizzazioni di Tomasson e Kakà, per i Reds Riise fallì il tiro dagli undici metri mentre Smicer trovò il gol del 3-2. Arrivammo all’ultimo turno, dal dischetto andò uno dei più forti attaccanti degli anni 2000: Shevchenko. Dudek iniziò la sua classica e fastidiosa danza sulla linea di porta. L’attaccante ucraino tirò centrale, un bruttissimo rigore, sul quale Dudek allungò la mano e portò in trionfo il Liverpool.

Gerrard

Fonte foto: telegraph.co.uk

Fu un tripudio. Esplose a centrocampo l’urlo di Steven Gerrard, visibilmente commosso. Poi la corsa sfrenata (nonostante i 120 minuti nelle gambe) verso Dudek, eroe di Istanbul. La premiazione del Milan fu breve e silenziosa, ricordava una cerimonia mortuaria. Toccò al Liverpool. Medaglie al collo e tutti in posizione per la foto di rito, tutti tranne il capitano. Dopo aver indossato l’onoreficienza si avvicinò alla Coppa dalle grandi orecchie e scandì un bacio intenso che, ci piace credere, non darà mai nemmeno a sua moglie. Successivamente fu il momento di alzare al cielo il simbolo del trionfo. E quindi ecco inesorabili piovere dal cielo coriandoli “Reds” come a sancire il trionfo. Gerrard alzò verso la volta celeste la coppa, guardando ben fisso verso il firmamento, ricordandoci che quel disegno divino non era solo mera utopia.

Gerrard

Oggi, 10 anni dopo, abbiamo assistito all’addio di una delle più grandi leggende (forse la più grande) che abbia mai calcato il manto erboso di Anfield Road. Steven Gerrard ha rappresentato cosa significa essere un Reds all’ennesima potenza. Diffidate dalle foto che lo vedono ancor giovine con la maglia dell’Everton per volontà dello zio, Gerrard sarà per sempre un figlio della Kop!

Gerrard

Fonte foto: commons.wikimedia.org

Questo legame indissolubile si è costruito attorno ad una delle pagine più nere del Liverpool: il 15 aprile 1989 all’Hillsborough Stadium di Sheffield si sfidarono Liverpool e Nottingham Forest in un match valevole per le semifinali di FA Cup. Prima dell’inizio del match un poliziotto decise di aprire un altro cancello per far confluire più velocemente i tifosi dei Reds. Quello che successe fu una catastrofe: i tifosi del club di Anfield si lanciarono dagli spalti per evitare di essere schiacciati. In quel tragico evento morirono 96 persone, tra le quali il cugino di Gerrard. Fu un tatuaggio che il numero 8 si trascinò dietro per sempre come egli stesso dichiarerà.

Gerrard

L’addio di Gerrard è stato più che commovente. Lacrime agli occhi inevitabili per i 45 mila che hanno affollato Anfield Road. Alla fine dell’ultima battaglia (persa 3-1 contro il Crystal Palace) Captain Fantastic (questo il suo soprannome) ha salutato così la sua Anfield: “«Mi mancherà ogni momento passato qui. Grazie a tutti i compagni con i quali ho condiviso questi anni al Liverpool. Sono stato fortunato a  giocare in uno dei migliori club del mondo, è stata un’esperienza bellissima. Prima di scoppiare in lacrime voglio solo dirvi che ho visto tanti tifosi nel mondo e voi siete i migliori di tutti».

L’ultima parte di questo speciale è dedicato al rapporto di Gerrard con i tifosi o meglio: cosa è stato per i supporters dei Reds il numero 8?
Gerrard non è stato solo un semplice capitano, un’icona, un simbolo, una leggenda, è stato molto di più: è stato tutti noi. Ci ha permesso di sognare, di vincere e di ricordare a tutti noi che in questo mondo del calcio sempre più corrotto e sconvolto da procuratori e giocatori poveri di attributi, esistono ancora uomini veri che darebbero la vita per il proprio club.  Steven Gerrard ha dato l’anima per questa squadra, ci ha fatto emozionare, ci ha fatto piangere ma soprattutto ci ha ricordato che quel numero 8 altri non è che il simbolo dell’infinito traslato in verticale, perché se oltre ad essere un campione sei anche così umile possiamo capire il perché non hai voluto mostrare la tua magnificenza al mondo intero.

Grazie di tutto Steven, once a Reds, forever a Reds!

 

About Gianmarco Galli Angeli 210 Articoli
Classe 96. Aspirante giornalista e telecronista, coltiva la sua passione scrivendo per tuttocalcioestero.it. E' un amante sfrenato degli intrecci specie quando a fondersi sono calcio e storia, lato poetico in una vita fatta di prosa.

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