Il punto sulla Premier League: Dele Alli tiene vivo il campionato, ma riprendere il Chelsea sarà dura

La Premier League, come al solito, ha dato del suo meglio durante le festività natalizie ed ora si ferma per l’F.A. Cup, come da tradizione. Per un momento, però, si è temuto che dopo l’ultima gara di ieri ci fosse ben poco da dire ormai per la lotta al titolo. Dele Alli è l’uomo che invece ha permesso a tutti gli appassionati di calcio inglese di avere un campionato ancora aperto, grazie alla doppietta che ha inchiodato il Chelsea fermando la sua striscia di vittorie consecutive al fatidico, per gli inglesi, numero 13!

Lotta per il titolo: Chelsea fermato, ma sempre in fuga
I Blues di Antonio Conte si sono dunque fermati, ma non bisogna considerare solo l’ultima gara nell’analisi di quanto successo durante le gare del periodo natalizio, visto che anche le dirette avversarie avevano subito, chi prima chi dopo, una battuta d’arresto: il City contro il Liverpool, il Liverpool contro il Sunderland, l’Arsenal contro il Bournemouth. Sono due le compagini della parte alta della classifica ad aver solo vinto ultimamente: Manchester United (striscia di sei successi di fila) e Tottenham (cinque vittorie consecutive). Per fortuna del Chelsea erano le due rivali più attardate, cosa che ha permesso al gruppo degli inseguitori di infoltirsi, ma non di guadagnare terreno. Allora, mettendoci nei panni di Antonio Conte, chi bisogna temere maggiormente nella corsa al titolo?

Cominciamo dicendo che, da italiani, non si può che guardare storto alle performance di Arsenal e Liverpool. Certamente sono state, finora, le rivali più costanti, ma il loro cammino è stato sempre contrassegnato anche da improvvisi passi falsi e, soprattutto, clamorose debacle difensive. La cartina di tornasole del Bournemouth insegna: quattro gol rifilati ai Reds in rimonta e tre rifilati ai Gunners, salvo farsi rimontare. I ragazzi di Eddie Howe contro il Chelsea invece non hanno praticamente mai visto la porta. Per come si è abituati a ragionare in Italia, e viene logico farlo quando in testa c’è la squadra di un allenatore italiano fondata sull’impermeabilità difensiva, squadre che sono capaci di concedere anche una o due volte in un anno tre o quattro gol agli avversari, non sono contendenti credibili per vincere un campionato.

Poi c’è il Manchester City, la squadra che sembrava imbattibile fino ad un certo punto e che sin dall’estate aveva impressionato per la qualità dell’organico ed il mercato mostruoso, ma poi si è persa per strada. Guardiola ha ridato un’anima alla squadra, ma paga ancora una non completa unità d’intenti ed una difesa che in Inghilterra è troppo “leggera”. Stones e Bravo, per fare due esempi, sapranno anche giocare la palla coi piedi, ma prima di tutto dovrebbero pensare a non prender gol e la loro presenza in area non scalfisce minimamente la potenza offensiva di qualsiasi avversario. Il gioco barcellonesco che si vuole importare in terra britannica ha bisogno di essere dominante per poter risultare vincente, cosa effettivamente riuscita per una buona parte di stagione, ma poi sono arrivati gli scontri con squadre più organizzate e sono emersi tutti i limiti di una squadra destinata a soccombere quasi in tutti gli incroci d’alta classifica.

L’altra parte di Manchester assapora già il sorpasso, furente per gli sfottò che avevano accompagnato la discesa negli inferi della squadra di Mourinho. Con sei vittorie nelle ultime sei partite i Red Devils detengono la miglior serie ancora aperta in Premier e sono pienamente rientrati nella lotta Champions. Certo, il ritardo accumulato in precedenza è una zavorra che non permette di sognare oltre. Dieci punti dal Chelsea sono tanti, troppi. Ne ha sette il Tottenham di Pochettino, ma le statistiche degli Spurs sono migliori. Innanzi tutto sono quelle più simili ai Blues, con una difesa addirittura migliore (14 gol subiti contro 15) ed un attacco che ha segnato solamente tre gol in meno, nonostante la lunga assenza del bomber principe Harry Kane. Ecco, è proprio durante questa assenza che il ritardo del Tottenham dalla capolista si era dilatato fino a dieci punti, ma adesso Pochettino sembra poter ritornare sotto. Certamente è un’impresa ardua, difficilmente realizzabile, di fatto questo campionato è vero che non si può definire già chiuso, ma è altrettanto vero che oramai solamente il Chelsea può perderlo.

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La dolce quiete della metà classifica: le squadre che dormono sonni tranquilli
Come ogni campionato da venti squadre con sole tre retrocessioni, anche la Premier regala un’ampia fascia cuscinetto tra la lotta di vertice e la battaglia per non retrocedere. In questa zona si alternano solitamente squadre con mire maggiori che hanno deluso o squadre che erano partite per salvarsi ed invece hanno fatto più del dovuto. Finora.
Le deluse di metà classifica non sono molte, diciamo tre, ma con diversi gradi.
Ad esempio ha deluso, ma non troppo, il Southampton di Puel. Venendo da una stagione double face che comunque aveva condotto i Saints al loro punteggio record in Premier, non ci si aspettava certo di ripetere le stesse gesta quest’anno, anche alla luce di cessioni importanti quali Wanyama, Manè e Pellè. Un anno fa, di questi tempi, era iniziata l’incredibile rimonta che portò i bianco-rossi dalle zone basse della classifica al piazzamento in Europa League. Quest’anno sono arrivate tre sonore sconfitte consecutive (1-4 col Tottenham subito dopo Natale, 1-2 col West Brom l’ultimo dell’anno e 0-3 a Goodison Park il 2 gennaio). Non basta e ciò che più preoccupa è il trend.

Trend che sta cercando di invertire l’Everton, altra mezza delusione di metà classifica, che proprio battendo il Southampton si è rimesso in carreggiata. I Toffees pagano un inizio persino troppo brillante, che aveva gettato fumo negli occhi dei tifosi. L’opposto del West Ham, che si è ripreso una posizione tranquilla dopo l’avvio disastroso, ma fatica tremendamente a riconoscersi rispetto alla squadra che aveva scalato la classifica l’anno scorso, sfiorando persino l’accesso alla Champions League. Il cambio di stadio ha inciso tantissimo e molto negativamente, soprattutto in un ambiente come quello inglese in cui la vittoria in casa è data quasi per scontata e vincere altrove è difficilissimo. Gli Hammers avevano anche scavallato il Natale con un tris di vittorie, ma poi le feste si sono portate via l’entusiasmo con due sconfitte di fila tra Leicester in trasferta e United in casa.

Stoke City e Bournemouth, con fortune alterne, sembrano anch’esse al riparo dalla zona rischio, seppure alla continua ricerca di continuità, mentre la sorprese più grandi sono altre: West Brom e Burnley. La squadra di Pulis è una sorpresa più che altro in considerazione del suo non gioco. Chi prova ad avvicinarsi alla Premier League incappando in una partita dei Baggies, rifugge subito nella Serie A in cerca di uno spirito più offensivo! Negli scontri contro le squadre più forti, il West Brom costruisce una doppia diga di difesa e centrocampo davanti alla propria area di rigore e spera nel miracolo di portare a casa lo 0-0. Cosa poche volte riuscita. Meglio invece contro le piccole, come accaduto nell’ultimo match contro l’Hull City, dove all’attenzione dietro si unisce la pericolosità da calcio piazzato davanti. Ad ogni modo, scordatevi una trama offensiva, ma in venti partite sono arrivati 29 punti e la salvezza è praticamente cosa fatta.

Il Burnley invece è una bella favola, perché nonostante un organico che francamente non si capisce come possa reggere il confronto in una Premier infarcita di campioni, fa dello stadio di casa, il Turf Moor, un autentico fortino. Non chiedete ai Clarets di battere il Manchester City in trasferta nonostante l’uomo in più per più di metà match, ma fermatevi a guardare le loro partite in casa: tre vittorie nelle ultime tre gare, nove punti che hanno issato la squadra ben al di sopra della lotta per non retrocedere. E’ una posizione tranquilla quella della squadra di Sean Dyche, ma occhio ai cali di tensione.

E’ una raccomandazione che conoscono bene sia Ranieri che Mazzarri. Il Leicester, senza acqua alla gola, senza musichetta Champions, senza motivazioni, può perdere contro chiunque quest’anno, allo stesso modo in cui avrebbe potuto battere qualsiasi squadrone l’anno scorso. Natale ha portato quattro punti in tre partite e maggiore tranquillità a Vardy e compagni, ma la relegation zone non è lontanissima. Il Watford ha fatto un punto nelle ultime cinque partite, risultato di un eccessivo adagiarsi sugli allori per una squadra che aveva stupito tutti appaiando, ad un certo punto, lo United di Mourinho in classifica. Serve un’inversione di tendenza, soprattutto alla luce del calendario che aspetta gli uomini di Mazzarri: scontro diretto in casa contro il Middlesbrough e trasferte a Bournemouth ed a Londra contro l’Arsenal a seguire. Servono punti, altrimenti tra un mese si parlerà di Watford invischiato nella lotta salvezza.

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La lotta salvezza: Palace, Swansea e Hull City hanno già cambiato allenatore, Karanka e Moyes resistono
Non doveva trovarsi così in basso il Crystal Palace di Alan Pardew, tant’è che l’allenatore, più volte dato come futuro C.T. inglese al posto del silurato Sam Allardyce è stato esonerato per far posto a chi? Proprio a lui, Big Sam. Strani casi della vita. L’imponente campagna acquisti estiva finora si è rivelata del tutto inutile e la squadra, nonostante il cambio, non sembra aver innestato la marcia giusta. Dopo l’iniziale pari contro il Watford nel boxing day, sono arrivate due sconfitte consecutive, ma se la prima, contro l’Arsenal, ci poteva stare, la seconda in casa contro lo Swansea è un enorme campanello d’allarme in vista della seconda parte di campionato.

Il Middlesbrough ha portato a casa solamente un punto nei tre match giocati tra Natale e nuovo anno, troppo poco, ma abbastanza per ora per tenersi fuori dalla zona retrocessione. Karanka ha bisogno di uno sprint per venirne fuori, la sua squadra non sembra attrezzata alla lotta da bassa classifica. In altre parole ha un organico che esprime una certa qualità, soprattutto davanti, ma se messo sotto pressione, con l’acqua alla gola, potrebbe facilmente fare la stessa fine del Newcastle di Benitez nella passata stagione. E’ lo stesso motivo per cui si guarda al Sunderland con altrettanta inquietudine. Proprio i Black Cats la spuntarono contro i Megpies a maggio scorso, ma fu proprio la cattiveria e la potenza fisica a trascinare fuori dalle sabbie mobili l’allora squadra di Sam Allardyce, l’opposto del modo di giocare di Moyes. Va detto, però, che il Sunderland paga molto, in termini di punti, ad un inizio campionato in cui ha dovuto sostenere un abnorme numero di infortuni. Col ritorno in squadra dei titolari le cose stanno migliorando e se Defoe continua a segnare così…

Swansea ed Hull City, come salvarle? La squadra gallese ha appena affidato la panchina a Paul Clement dimostrando tutta la schizofrenia, se ce ne fosse ancora bisogno, della sua dirigenza. In un anno si è passati dall’affidare la salvezza della squadra, giudicata allora quasi impossibile, ad un allenatore esperto come Guidolin, al mettere nelle mani di un quasi esordiente una situazione di nuovo disastrosa dopo l’esonero dello stesso Guidolin. Nel mezzo ovviamente tutte le patriottiche voci di incarichi al Ryan Giggs o Chris Coleman di turno, sempre puntualmente smentite dai fatti. Come finirà lo scopriremo solo vivendo, ma lo Swansea non è messo affatto bene. Scelta interessante invece quella dell’Hull City, squadra oramai data per spacciata. Perché, diciamolo, nessuno scommetterebbe una sterlina sulla salvezza delle Tigers al giorno d’oggi. E’ notizia delle ultime ore l’ingaggio di Marco Silva come nuovo allenatore. Il portoghese sarà alla prima esperienza in terra inglese, ma viene da un’annata trionfale in Grecia con l’Olympiakos dove ha portato al trionfo in campionato la sua squadra stabilendo anche l’incredibile record di 17 vittorie di fila, che gli hanno valso la nomea di nuovo Mourinho. Staremo a vedere, se salverà l’Hull City allora potrebbe veramente scalare le gerarchie delle panchine europee.

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About Luca Petrelli 157 Articoli
Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.

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