“Piccole imprese”, l’euro-Grecia del 2004 (parte 1): da Vassilis Daniil a Otto Rehhagel, l’inizio di una nuova era

Otto Rehhagel Grecia
Fonte foto: thetoc.gr

Oggi parte l’appuntamento con la nuova rubrica targata TCE “Piccole Imprese”, dove andremo a rivivere i più grandi “upset” della storia del calcio, quando Davide batte Golia. Il primo episodio sarà dedicata alla magica Grecia di Otto Rehhagel, capace di sovvertire qualsiasi pronostico e portare a casa il primo europeo della propria storia.

Il nostro viaggio comincia nel Agosto del 2001, quando la Hellenic Football Federation decide di sollevare dal incarico di ct della nazionale greca Vassilis Daniil e mettere al suo posto il tedesco Otto Rehhagel. In quel periodo la selezione ellenica non se la passava parecchio bene, infatti dopo aver fallito per poco la qualificazione ad Euro 1996 (terzo posto nel girone dietro Russia e Scozia), al Mondiale francese del 1998 (altro terzo piazzamento ad un solo punto dalla Croazia) e ad Euro 2000 (terzo piazzamento con alcuni risultati deludenti come la sconfitta in terra lettone), era arrivata anche la delusione per non aver centrato la partecipazione al Mondiale del 2002. Infatti l’Ethniki, nonostante mancassero ancora due partite da giocare, era già fuori dai giochi a causa dei soli sei punti, raccolti grazie alle due vittorie contro la Finlandia (rete decisiva di Liberopoulos) e Albania (altro successo di misura con il guizzo di Machlas), collezionati in altrettante partite disputate. Dal canto suo Rehhagel arrivava in Grecia dopo il quadriennio passato sulla panchina del Kaiserslautern, dove aveva riportato in auge il club tedesco con la promozione in Bundesliga e il susseguente ritorno anche in un palcoscenico importante come quello della Champions League. Ma nonostante i buoni risultati ottenuti il tecnico fu costretto a rassegnare le dimissioni nel 2000, quando degli screzi con alcuni giocatori e una campagna discriminatoria attuata ai suoi danni lo costrinsero a prendere questa drastica decisione.

Vassilis Daniil
Vassilis Daniil, predecessore di Rehhagel sulla panchina dell’Ethniki. Fonte foto: onsports.gr

L’avventura di Rehhagel sulla panchina della nazionale greca non inizia molto bene, infatti nella sua partita d’esordio (5 Settembre 2001) il tecnico tedesco subisce una grande debacle in casa della Finlandia, che rifila una comoda manita ad una Grecia irriconoscibile e senza una identità. La partita si mette male già al 13esimo minuto di gioco, quando i finlandesi mettono il primo mattoncino con il fantastico diagonale di Mikael Forssell (allora centravanti di proprietà del Chelsea ma in prestito al Crystal Palace), il quale non lascia scampo al portiere avversario Dimitrios Eleftheropoulos. Quest’ultimo sarà sicuramente molto noto al grande pubblico per la sua ampia parentesi italiana tra il 2004 e il 2009 (Messina, Roma, Milan, Ascoli e Siena le piazze interessate), ma in quel periodo l’estremo difensore ellenico era considerato come uno dei migliori nel suo ruolo a livello nazionale grazie alle grandi prodezze compiute con la maglia dell’Olympiakos. Eleftheropoulos difese i pali della squadra del Pireo dal 1997 al 2003 vincendo non solo ben otto scudetti e una coppa di Grecia ma anche firmando un “record” insolito, infatti nella Champions League 2001-02 il portiere greco riuscì nell’impresa di parare un rigore a Ruud Van Nistelrooy nel teatro dei sogni dell’Old Trafford; dove sta l’impresa? quello fu l’unico tiro dagli undici metri fallito dal tre volte capocannoniere della Champions League in quella stagione. Curiosamente la sua storia d’amore con l’Olympiakos terminò all’indomani della vittoria dell’Europeo 2004 della sua nazionale, quando il club del Pireo decide di puntare su Nikopolodis, grande condottiero della squadra di Rehhagel, e vende Eleftheropoulos al Messina, appena promosso in Serie A e pronto a disputare una stagione strepitosa. Ritornando alla partita le cose peggiorano appena 7 minuti dopo, quando la Finlandia trova la rete del raddoppio con un sontuoso colpo di testa di Aki Riihilahti (una delle colonne portanti dello storico HJK Helsinki andato in Champions League), che sfrutta al meglio l’ennesimo grande spunto di uno scatenato Teemu Tainio (all’epoca di proprietà dell’Auxerre).

Il doppio gol di vantaggio fa un pò sedere i finlandesi, che si rilassano e alla mezz’ora vengono colti di sorpresa dalla rete del 2-1 siglata da Georgios Karagounis, che gonfia la rete con la consueta staffilata dalla lunga distanza. Un’altra parentesi doverosa va aperta per il centrocampista ex Inter, infatti, oltre ad essere uno dei mostri sacri del calcio ellenico (giocatore con più presenze in nazionale con 139 gettoni), in quegli anni si mise in mostra anche in Champions con dei gol davvero spettacolari: due da ricordare assolutamente sono quello messo a segno all’Old Trafford contro il Manchester United, traiettoria davvero incredibile a beffare Barthez, e quello realizzato contro l’Arsenal, dove trafisse Seaman con un fantastico colpo di testa in tuffo. La rete del 2-1, però, non risveglia la Grecia dal torpore iniziale, infatti la Finlandia riprende subito il controllo delle operazioni e richiude il match prima dell’intervallo con altri due gol. La terza marcatura porta la firma di Joonas Kolkka, che taglia in due la difesa avversaria con la sua velocità e mette il pallone in fondo al sacco con un diagonale mortifero, mentre quella del poker viene siglata da Mikael Forssell (doppietta per lui), lesto nel ribadire il pallone in rete dopo un salvataggio miracoloso sulla linea di un difensore avversario. Nella ripresa a chiudere tutto ci pensa l’eterna leggenda Jari Litmanen realizzando un tiro dagli undici metri assegnato per un fallo ai suoi danni. La figura “Kuningas” finlandese è legata ovviamente ai suoi trascorsi all’Ajax agli ordini di Louis Van Gaal, con cui Litmanen vinse praticamente tutto sia a livello nazionale sia a livello continentale e sfiorò quasi ance l’idea di vincere il pallone d’oro; non a caso è uno dei tre giocatori a cui è stato concesso il diritto di avere un video dedicato all’Ajax Museum insieme a Marco Van Basten e Johan Cruijff.

Beckham
La punizione storica di David Beckham, diventata uno dei simboli del calcio inglese. Fonte foto: telegraph.co.uk

La sconfitta, dovuta ovviamente anche al poco tempo a disposizione dell’allenatore per plasmare anche minimamente la squadra, fa capire a Rehhagel che c’è molto su cui lavorare ma nonostante ciò il tecnico porta i suoi in Inghilterra con la volontà di fare lo sgambetto ai “Leoni Inglesi”, ancora in lizza per ottenere il primato del girone e staccare il pass diretto per il Mondiale. Alla nazionale dei “Three Lions” basta anche un pari per ottenere il suo obiettivo, ma in quel freddo pomeriggio del 6 Ottobre 2001 la Grecia scende in campo con gli occhi della tigre dimostrando di aver recepito il messaggio consegnatogli dal proprio allenatore. Non a caso è proprio la selezione ellenica ad aprire le danze con il guizzo di Angelos Charisteas (segnatevi questo nome, perché nel corso della storia ne risentiremo parlare parecchio), il quale trafigge il portiere avversario con una bella conclusione mancina sul palo più lontano e si toglie la soddisfazione di segnare un gol all’Old Trafford alla tenera età di 21 anni. Il gol taglia le gambe alla squadra di Sven Goran Eriksson e ammutolisce tutti i 60.000 spettatori sugli spalti, che cominciano ad intravedere gli spettri della beffa. Dopo un’intervallo dall’atmosfera surreale tra angoscia e silenzio, nella ripresa l’Inghilterra comincia a spingere alla ricerca del vitale gol del pareggio, il quale arriva al 68esimo minuto di gioco con un fantastico colpo di testa dell’eterno Teddy Sheringham (entrato 15 secondi prima al posto di Fowler) sugli sviluppi di una punizione calciata da David Beckham (in possesso di un piede particolarmente caldo in questa partita). Clamorosamente a sgelare il clima polare dell’Old Trafford ci pensa il 34enne centravanti del Tottenham, che ancora una volta veste i panni del supereroe e cerca di salvare la madre patria come in un classico romanzo cavalleresco. La gioia inglese, però, dura appena un giro di orologio, infatti appena 60 secondi dopo la Grecia ripassa in avanti con l’acuto di Demis Nikolaidis, che riporta avanti i suoi risolvendo una mischia creatasi all’interno dell’area di rigore. Un gol storico quello messo a segno da uno dei goleador più prolifici della Coppa Uefa, infatti questo è il 500esimo gol assoluto per la nazionale ellenica. La rete ricrea un’atmosfera irreale sugli spalti, infatti i 60.000 animatosi per la rete del pareggio ripiombano nell’angoscia subito dopo; dice tutto la faccia di Sven Goran Eriksson, che diventa una statua di sale e comincia a temere seriamente il fantasma dei playoff. Ma gli dei del calcio non hanno ancora finito la loro sceneggiatura in quel dell’Old Trafford, infatti hanno lasciato il meglio per il terzo minuto di recupero, dove David Beckham decide di entrare negli annali del calcio inglese e dare la spinta decisiva alla sua squadra per imbarcarsi definitivamente sull’area per la Corea. Lo “Spice boy” mette la sua firma sul match siglando la rete del definitivo 2-2 con una pennellata su punizione davvero pazzesca, sulla quale Nikopolodis non può far altro che guardare il pallone insaccarsi alla sua destra.

Questa è senza dubbio si può considerare come la prima vera partita dell’era Rehhagel, non solo perché è visibile la nuova impronta del tedesco ma anche per il fatto che entrano in scena alcuni dei protagonisti della spedizione portoghese come Nikolaidis, Charisteas e Fyssas. Un pareggio che lascia sicuramente l’amaro in bocca alla squadra di Otto Rehhagel, che però esce dall’Old Trafford con una certezza: questi uomini possono fare grande una nazione come la Grecia, che da troppo tempo è lontana da palcoscenici importanti.

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Appassionato di ogni genere di sport (calcio e basket in primis), è un grande esperto del "calcio minore". Che sia la Copa Libertadores o la terza divisione danese poco importa, in qualunque campo rotola un pallone e ci sono 22 uomini c'è sempre una storia da raccontare.

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