Arsenal-Manchester City 2-1: Özil incanta, Giroud segna, è l’anno dei Gunners?

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All’Emirates Stadium di Londra va in scena uno dei Monday Night più attesi della Premier League 2015/2016 con la sfida tra Arsenal e Manchester City, rispettivamente secondi e terzi in classifica.

Da buoni sciacalli si considera il Leicester un fuoco di paglia, per cui le principali contendenti al titolo vanno in campo stasera con un buon vantaggio (3 punti) sul trio all’inseguimento composto da Manchester United, Tottenham e Crystal Palace (Crystal Palace? Sì, Crystal Palace). L’atmosfera dei grandi eventi è palpabile ed in campo si crea quell’alchimia tipica dello scontro fisico, maschio, all’inglese, che tanto infiamma i cuori dei sudditi di Sua Maestà Elisabetta II e di tutti gli appassionati del calcio d’oltremanica. E’ sport alla vecchia maniera, con l’atletismo a farla da padrone e l’idea innata che si debbano spendere tutte le energie possibili sul rettangolo di gioco, facendo di tutto, senza ragionamenti, senza risparmio, per battere l’avversario, ma pur sempre nel limite della lealtà sportiva come tra classici gentlemen. E’ in questo mix di veemenza e correttezza che si gioca un primo tempo da ritmi altissimi, con lunghi tratti di gara caratterizzati da squadre allungate, corse lungo la fascia, ripiegamenti disperati e generosi tentativi dalla distanza.

L’Arsenal teme Aguero e retrocede sin dalle prime fasi con tutti gli effettivi dietro la linea della palla e la linea difensiva ancorata nell’area di rigore. I trequartisti del City riescono così a trovare gli spazi giusti per liberarsi al tiro da fuori, ma la mira non li assiste.
L’assetto tattico dei Gunners favorisce il possesso palla degli uomini di Pellegrini. Un allenatore all’italiana avrebbe considerato l’idea di dover evitare i veloci contropiede dell’Arsenal e magari avrebbe cercato di allentare un po’ il ritmo, ma, come detto, stasera si gioca the english way.
I primi tentativi di ripartenza veloce dei padroni di casa vengono fortunosamente stoppati da falli tattici o errori di passaggio, ma il folletto Özil sta preparando il suo balletto nel bosco di Barbalbero Yaya Touré.

Non ce ne voglia il campione ivoriano, ma difensivamente non sta vivendo i suoi giorni migliori, il talentuoso tedesco di origine turca lo sa e cerca di farsi trovare libero dai compagni girando continuamente alle sue spalle.
Così dopo il respiro di sollievo per il tiro di De Bruyne finito fuori dopo una cavalcata solitaria di almeno 50 metri, Özil si fa trovare come al solito alle spalle di Touré, serve Walcott, che anticipa l’intervento di Sagna e firma il gol del vantaggio con un pregevole destro a giro.
Il City accusa il colpo, l’Arsenal trova facilmente la combinazione veloce davanti ed Özil, dopo essersi creato lo spazio alla solita maniera (Yaya ancora lo cerca), riceve il pallone e serve Giroud lanciato verso la porta. Il francese, in stato di grazia, incrocia di sinistro infilando Hart sotto le gambe all’ultimo minuto del primo tempo: è 2-0.

Pellegrini guarda la panchina e vede Sterling. Tocca a lui nella ripresa, entra al posto di un Fabian Delph che si è annullato a vicenda con Joel Campbell sulla fascia sinistra.
La sua assenza libera infatti il talento del costaricano, che finalmente si mette in luce ad inizio secondo tempo con alcune iniziative offensive. In teoria la partita la fa il City, ma il tentativo disperato di riaprire subito il match lo espone ai velenosi contropiede dell’Arsenal, che infatti è la squadra ad avere la maggior parte delle occasioni da gol. Nel giro di un quarto d’ora Cambell e Ramsey fanno e disfano di tutto, porgendo più volte ai loro tifosi il piatto gustoso del gol ad un palmo dal naso, prima di gettarlo rovinosamente a terra.
Al 76′ esce Özil, omaggiato dall’ovazione del pubblico, ed entra finalmente in campo Yaya Touré. L’ivoriano, che fino a questo punto aveva quanto meno fatto finta di marcare il tedesco, ora si libera da ogni vincolo tattico e si getta in avanti alla ricerca del gol.

Dopo l’occasione divorata da “bomberNavas (l’ultimo gol oltre 60 partite fa, roba che i più giovani fanno fatica a ricordare), ci pensa proprio lui, Yaya, con un sinistro di prima intenzione da fuori area che sorprende sul tempo Cech e si infila in rete togliendo la ragnatela sotto l’incrocio dei pali.
Ora è lui il leader e l’Arsenal ha paura. Le sue lunghe leve macinano metri ed avversari, nessuno riesce a fermarlo e solo la sua imprecisione al tiro permette ai Gunners di evitare il pari all’86’.
Si finisce come si era iniziato, coi ritmi folli di due squadre che hanno lasciato le strategie negli spogliatoi ed hanno portato in campo i muscoli ed il cuore.

Canta l’Emirates al fischio finale, Wenger porta a casa 3 punti nello scontro diretto più delicato della stagione e guarda tutti, o quasi, dall’alto verso il basso. Il “quasi” sta per il Leicester, ultimo incomodo tra l’Arsenal e la vetta. Ci sarebbero le squadre di Manchester, ma, a parte i punti messi in cascina, non ci sono altri buoni segnali per identificarle tra le pretendenti al titolo: lo United sembra finito in un tunnel nero senza via d’uscita, il City alterna vittorie in casa a prestazioni deludenti in trasferta. L’unica altra rivale in palla sembra il Tottenham, ma ora dista ben 7 punti dai Gunners. Che sia veramente l’anno dell’Arsenal?

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Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.

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