Tra il dire e il Favre: fine di un amore a Mönchengladbach

Favre Borussia Monchengladbach

“Sono convinto di non essere più l’allenatore giusto per questa squadra”. Queste sono le ultime parole di Lucien Favre da allenatore del Borussia Mönchengladbach e chissà che in questa decisione non ci sia anche l’intenzione di far capire che le colpe non sono esclusivamente sue ma anche di una società (nella figura del ds Eberl) che ha più volte ripetuto di “essere un piccolo club” e di “sapere che sarebbe stato un anno difficile”, senza prendere le giuste contromisure non rinforzando adeguatamente la squadra per una stagione così importante e piena d’impegni.

La storia di Favre ai Fohlen inizia il 14 febbraio 2011 quando subentra a Frontzeck alla 22esima giornata con la squadra relegata all’ultimo posto in Bundesliga con 16 punti. Il tecnico svizzero compie un miracolo realizzando 20 punti nelle rimanenti 12 gare, portando i suoi al terzultimo posto e allo spareggio, vinto, col Bochum. Conquistata la salvezza è tempo di dedicarsi ad altri traguardi e, oltre ogni più rosea previsione, la stagione seguente si conclude con uno strepitoso 4° posto che significa preliminari di Champions League. Reus (18 gol), Hanke, Dante e Arango (più la freschezza portata da giovani di sicuro avvenire come ter Stegen, Herrmann e Jantschke) sono i punti cardine di una squadra che stupisce tutti per il modo di giocare in verticale, rapido, fatto di uno-due, con un pressing asfissiante che diventerà il marchio di fabbrica del Gladbach la di Favre.

Nella stagione 2012-2013 la squadra compie un leggero passo indietro. La partenza di Reus non è compensata a dovere con l’acquisto di Luuk de Jong, la squadra perde il preliminare di Champions contro la Dinamo Kiev e chiude solo all’ottavo posto in campionato, complice anche il fatto di non essere, forse, abituata al doppio impegno. La DFB Pokal e l’Europa League non portano gloria. Nella coppa nazionale la squadra esce già a fine ottobre perdendo in casa del Fortuna Düsseldorf mentre in EL, dopo aver passato il girone, i Fohlen sono estromessi dalla Lazio. La stagione seguente vede il Gladbach partire con un rendimento altalenante, facendo la voce grossa in casa e stentando non poco in trasfera ma alla fine del girone d’andata la squadra è quarta. Nel mercato invernale accade quello che, più o meno, era accaduto nell’estate 2012: nessun acquisto e crollo in classifica, salvo poi riprendersi dopo tre mesi senza vittorie e cogliere un sesto posto che significa Europa League.

Si arriva dunque alla migliore stagione dell’era-Favre: la 2014-15. Il mercato estivo porta fra gli altri, Sommer (che sostituisce ter Stegen andato a vincere tutto a Barcellona), Hahn e Thorgan Hazard, fratello di Eden, fuoriclasse del Chelsea. A questi innesti si aggiunge la definitiva esplosione di Korb e Kramer, fresco Campione del Mondo con la Germania ai Mondiali brasiliani. Favre non sbaglia niente, la squadra è costante tutto l’anno, non molla mai le prime posizioni e si toglie parecchie soddisfazioni battendo il Bayern fuori casa, il Dortmund a domicilio e il Bayer Leverkusen in una sorta di scontro diretto per il 3° posto. Alla fine dell’anno i tifosi cantano “Auf, auf, auf in die Champions League”, infatti la squadra centra il bersaglio grosso andando direttamente ai gironi di Champions dopo 37 anni!

Quello che sembrava il trampolino di lancio verso una stabilità nei palcoscenici nobili del pallone però non si rivela tale. Il già citato errore del mancato rinforzamento, unito alle perdite di Kramer e Kruse, viene pagato a carissimo prezzo: cinque sconfitte su cinque in Bundesliga (peggior partenza di sempre per i Fohlen), sconfitta 3-0 all’esordio in Champions League. Si arriva così all’irrevocabile decisione delle dimissioni di Lucien Favre. Il tecnico svizzero lascia dopo quattro stagioni ed un bilancio nettamente positivo nel quale manca soltanto un trofeo che sarebbe stato meritato. Favre ha dato molto al Borussia. Innanzitutto tatticamente, rendendo i Fohlen una squadra bella e con un gioco moderno, veloce e fatto di pressing costante. Ha lanciato giovani come ter Stegen, Jantschke, Kramer e Korb, consacrato i vari Reus, Dante, il fedelissimo Raffael, Max Kruse e riportato il club nelle alte sfere calcistiche. A chi lo sostituirà il compito, non facile, di prenderne il posto, non solo sulla panchina del Borussia-Park, ma anche nel cuore del popolo bianconeroverde.

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