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Diritti Tv: il confronto fra Premier League e Serie A

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La retrocessione della propria squadra viene vissuta come un dramma dal punto di vista sportivo. Ci si deve relegare a una realtà meno blasonata nel tentativo di tornare subito fra le grandi. Le ripercussioni più gravi di una retrocessione sono però di tipo economico, in particolare nel torneo più ricco del mondo, la Premier League.

Il torneo inglese è quello che negli ultimi anni ha saputo vendere meglio di chiunque altro il proprio prodotto. L’accordo vigente con le televisioni prevede il versamento di 1,6 miliardi di euro a stagione nelle casse dei club. Una cifra sproporzionata rispetto al resto dell’Europa. Uno dei club che ne ha tratto i maggiori profitti in questa stagione è stato il Manchester United con 110 milioni di euro contro i 77  del QPR classificatosi penultimo e retrocesso in Championship. Qual è il rapporto con la Serie A?

In Inghilterra i diritti tv vengono ripartiti in modo più o meno equo, tanto che club di media-bassa classifica come il Newcastle e il West Ham possono permettersi spese ben più consistenti di quelle sostenute dalle due milanesi. In Italia esiste una gerarchia per quanto concerne la spartizione dei diritti tv. Nel triennio appena concluso la Juventus tiene il passo delle big della Premier con 96 milioni annui, ma il gap con le più piccole è notevole. L’Empoli, fanalino di coda per i ricavi, fattura 20 milioni annui dai diritti tv, cifre che paragonate a quelle del QPR sono incolmabili, il che va ad influire inevitabilmente sull’appeal e la competitività della lega. In Premier la spartizione si effettua nel seguente modo: 960 milioni vengono ripartiti in egual modo (48 a testa), i restanti 640 in base al market pool e al piazzamento in campionato.

Premier League

serie A

Proprio per questa ragione vi è una notevole differenza fra una retrocessione in Serie B e una in Championship. Se da un lato la perdita economica non è così rilevante, per i club inglesi può essere l’inizio della fine. Per colmare la perdita economica la FA interviene con il parachute payment, ovvero un soccorso economico per i club scivolati dalla Premier. E caro il mio aiuto, i club retrocessi quest’anno, ovvero il Burnley, il QPR e l’Hull City riceveranno 72.74 milioni  a testa spartiti in quattro anni, ovvero 24 per la prima e la seconda stagione per poi scalare a 12 in quelle successive, a meno che il club retrocesso non torni in Premier prima di quattro anni, in tal caso il parachute payment sarà interrotto. Nonostante l’ingente quantitativo, la retrocessione causa in media già dal primo anno una perdita di 35 milioni sul bilancio del club.

Il Gap è destinato ad aumentare con il nuovo accordo firmato dalla Premier, i diritti tv per il triennio 2016-2019 saliranno a 7 miliardi di euro, ovvero 2.33 a stagione. Un incremento del 70% rispetto l’accordo precedente, l’asta si è conclusa con l’acquisizione di 5 pacchetti dell’offerta da parte di Sky per un totale di 4,176 miliardi e dei restanti 2 pacchetti da parte di BT Sport per 960 milioni di sterline. “I nostri club saranno sempre più forti e potranno competere con tutti gli avversari d’Europa”, ha detto l’ad della Premier, Richard Scudamore. “D’altronde a livello di fatturato il Burnley è superiore all’Ajax, un dato che conferma la forza economica del nostro campionato”.

In prospettiva quali saranno le cifre che andranno a guadagnare i club di Premier? Il Manchester United, già ricchissimo con la sponsorizzazione da 90 milioni di euro annui con l’Adidas fatturerà solo grazie ai diritti tv 160 milioni e il QPR ben 100 milioni. Per cui l’ultimo club di Premier avrà un fatturato equiparabile al vincitore della Serie A. Un confronto impietoso che segna la netta superiorità del calcio d’oltremanica che si avvale soprattutto dei mercati orientali. Oltre alle ingenti operazioni di marketing effettuate nel continente asiatico (quotazioni in borsa, tour estivi), gli stessi orari della Premier sono pensati per ottenere una massima visibilità ad est. Un piccolo accorgimento che potrebbe aiutare la Lega di Seria A per non soccombere sotto il peso della sterlina.

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