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Liverpool-Everton 4-0: esulta ancora Klopp, che umiliazione per i Toffees!

E’ un giorno speciale oggi sulle rive della Mersey, il colpo d’occhio ad Anfield Road intorno alle 19.30 è notevole. La gente sugli spalti è illuminata a sprazzi dagli ultimi raggi della giornata: il sole non tramonta stasera a Liverpool, è la serata del derby.
Rossi contro blu, come al Subbuteo, come al calcio balilla, come a Liverpool. La partita, già di per sé importante, assume diversi connotati a seconda della curva di appartenenza.
Per i Reds è uno snodo fondamentale nella corsa al sesto posto che vale l’ultima posizione utile per entrare in una competizione europea l’anno prossimo, per i Toffees, oramai senza più obiettivi, è l’ultima vera partita di campionato da vincere, in attesa di giocare l’all-in nella semifinale di F.A. Cup di sabato prossimo a Wembley contro lo United.
In campo schieramenti speculari (4-2-3-1) e tanta intensità. Il Liverpool cerca i virtuosismi dei “piccoli” Lallana e Coutinho, l’Everton risponde con la fisicità di Barry e McCarthy in mezzo al campo.
Nelle fase iniziali del match i Toffees se la giocano ed impensieriscono la difesa avversaria con le conclusioni da fuori di un ispirato Mirallas, ma accusano improvvise amnesie difensive che permettono prima a Lallana poi a Firmino di arrivare al tiro soli soletti a tu per tu col portiere Robles. Buon per Martinez che l’estremo difensore spagnolo sia in serata e salvi in entrambe le occasioni.
Con l’andare dei minuti l’azione dell’Everton sembra affievolirsi, quasi come se i giocatori non vedessero l’ora di rientrare negli spogliatoi per ricaricare le batterie. Grave errore. Mai mollare, soprattutto nei minuti finali di tempo.
Origi, apparentemente sottotono fino a quel momento, trova l’1-0 al 43′ su splendido cross mancino di Milner dalla destra e poco dopo, nel recupero, Sakho raddoppia di nuovo di testa di nuovo su cross di un ispiratissimo capitan James Milner.
Ci sarebbe tutto il secondo tempo per recuperare, ma la gara dei Toffees finisce al 50′. Galeotta è l’entrataccia col piede a martello di Funes Mori sulla caviglia destra di Origi. Fuori entrambi: il difensore argentino per il giustissimo rosso diretto, l’attaccante belga in barella sostituito da Sturridge. Episodio veramente indecoroso per una cornice spettacolare come quella di stasera e l’Everton la paga cara.
Da qui in avanti è un monologo degli uomini di Klopp che giocano al tiro al bersaglio con gli avversari chiusi nella loro area di rigore.
Al 61′ Sturridge entra come un coltello nel burro tra i due centrali avversari imbeccato da Lucas Leiva e batte Robles in uscita per il 3-0. La serie di tiri a ripetizione continua e finisce col premiare il destro sul secondo palo di Coutinho al 76′, per il 4-0 finale.
All’81’ esce dal campo James Milner e tutto Anfield applaude in piedi. Poco apprezzato fuori dai confini inglesi, forse perché considerato una classica ala inglese tutta muscoli e poca tecnica, l’ex Citizen ha saputo scalare le gerarchie nella sua nuova squadra divenendone quasi da subito capitano. In campo fa valere tutti i suoi gradi assumendo sempre più spesso il ruolo di faro al centro del gioco e, se serve, della lotta. Macina chilometri come pochi altri giocatori in Premier ed in Europa, può giocare invariabilmente da centrocampista centrale, da mediano, da trequartista o da esterno, sa rendersi pericoloso in avanti con i suoi cross velenosi e non disdegna i ripiegamenti difensivi per dare una mano anche dietro. Insomma, anche chi non l’ha mai considerato un campione, quest’anno deve fare mea culpa ed ammettere che di questo nuovo Liverpool targato Klopp James Milner è capitano e simbolo. Chapeau.
Tornando al risultato, l’Everton oramai gioca solo per l’F.A. Cup, ultima chance di salvare una stagione altrimenti anonima, il Liverpool si mantiene in scia al West Ham, con la possibilità di sorpassarlo grazie ad una gara ancora da recuperare.
Tramonta il sole sulla Mersey, sì alla fine tramonta, e non è un caso se le sue acque, stasera, si tingono di rosso.

Luca Petrelli

Cresciuto a pane e telecronache delle proprie partite con le figurine Panini sul campo di Subbuteo, sviluppa una passione viscerale per il calcio, che si trasforma presto in autentica dipendenza. Da sempre dalla parte degli underdog, non scambierebbe mai 1000 vittorie da cowboy con un unico grande successo indiano sul Little Bighorn. Tra una partita e l'altra, trova il tempo per laurearsi in economia, Tuttocalcioestero gli offre l'occasione per trarre finalmente qualcosa di buono dalla sua "malattia" per il pallone, strizzando l'occhio al sogno nel cassetto del giornalismo di professione.

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