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Inaugurato il nuovo Fanshop dell’Union, ma c’è un guaio burocratico con il St. Pauli

Ha aperto le porte lo scorso sabato davanti a numerosi tifosi e ai giocatori dell’Union Berlin. Il Fanshop della squadra berlinese ha una nuova casa, in Elcknerplatz 16 (ovviamente a Köpenick) ed è stata Sylvia Tammer, direttrice del merchandising, a inaugurare il nuovo store. Finalmente, dopo la supremazia dell’Hertha, anche la squadra rossa della capitale tedesca avrà il suo spazio dove poter acquistare gadget di ogni genere mantenendo lo stile sassone: dalle più tradizionali sciarpe e magliette, ad articoli per la casa, per la macchina, tazze, libri, gagliardetti e così via. La cerimonia ha visto la presenza dei calciatori che, attanagliati, hanno firmato vari autografi e scattato foto con i fan; poi nel pomeriggio spazio alla lettura con lo scrittore-tifoso Frank Nussbücker, mentre al calare della sera, la musica ha avvolto il FanShop con i gruppi Tapper Glue & The Glues e i The Breakers (nel quale suona, tra l’altro, Christian Arbeit, addetto stampa della società!). Il club puntava molto all’apertura dello store entro la fine del 2015 per festeggiare al meglio, il prossimo 20 gennaio, i cinquant’anni dell’Union Berlin, con l’auspicio che possa diventare anche un luogo di aggregazione e di incontri.


Ma a rovinare la festa, qualche giorno dopo, è stata la notizia di un intrigo a tre che vede coinvolte Union Berlin, St. Pauli e la Upsolut, società che gestisce il merchandising delle due società di Zweiteliga. O meglio, che gestiva. Partiamo dall’inizio: nel 2004, sull’orlo del baratro finanziario, l’allora presidente della squadra di Amburgo, Corny Littmann, decise di cedere i diritti per la produzione di gadget al rivenditore Upsolut. Con un accordo trentennale per un ricavo di solamente un milione di euro, il celebre teschio Jolly Roger passò al 90% in mano a esterni (il club manteneva solo il 10%). Cinque anni più tardi, nel 2009, il St. Pauli fece causa alla società rea di aver sfruttato oltre i valori etici la difficoltà economia della squadra proponendo un contratto, giudicato da loro, immorale. Dopo anni controversi e una lunga disputa legale, in settimana è arrivata la decisione: dal primo gennaio 2016, il St. Pauli potrà riappropriarsi dei suoi diritti di merchandising, diventando unico titolare e gestendo il proprio marchio in autonomia. Il club amburghese pagherà 1.26 milioni di euro per acquisire la Upsolut e ha, inoltre, assicurato l’assunzione degli 80 dipendenti che vendevano oggetti del club sotto contratto con i rivenditori.


Ma in tutto questo cosa c’entra l’Union Berlin? La società berlinese, in realtà, ha da poco firmato un contratto di prolungamento fino al 2020 proprio con la Upsolut, come detto in precedenza, ora nelle mani del St. Pauli. Nel grande pasticciaccio che si è creato, la società di Berlino si è trovata dinanzi ad un grottesco paradosso: in buona sostanza ogni sciarpa, ogni bandiera, ogni articolo venduto va a rifocillare le casse della rivale società di Amburgo. E considerando che nella passata stagione l’Union ha prodotto 1.8 milioni di euro di ricavi su un totale di 8.5 milioni di euro stimati dalla Upsolut, ecco che il guaio si è fatto esponenziale. La società di Köpenick ha già annunciato di voler rescindere il contratto “per giusta causa e senza preavviso”: «il fatto che la nostra attività di merchandising sarà gestita da un concorrente diretto non è concepibile per noi, non è coerente con il contratto pattuito attualmente», ha commentato Christian Arbeit, il quale ha aggiunto che sarà priorità del club capire come gestire nell’immediato futuro la vendita dei gadget senza perturbare le vendite e senza bloccare la produzione. In mente c’è già l’idea di gestire autonomamente il proprio marchio.

Giovanni Sgobba

Giornalista, nato a Bari in un ambiente dove gli si diceva di tifare per i bianco-rossi, ha seguito il suggerimento alla lettera appassionandosi all'Union Berlin. Fidanzato ufficialmente con il club dal 12 agosto del 2012 quando ha assistito ad una partita per la prima volta nello stadio An der Alten Försterei. Ama i cappelli: i suoi, quello di De Gregori, di Charlie Brown, di Alan Grant e di Nereo Rocco.

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