Il re è morto: cosa ci lascia l’era Blatter?

Dopo 16 anni e 359 giorni giunge al termine il dicastero di Sepp Blatter alla FIFA. Troppo forte è stata l’onda d’urto del recente scandalo legato alla corruzione dei vertici della federazione mondiale. Blatter si è così dimesso, nonostante fosse fresco di rielezione. Si è concluso così quello che è stato il terzo dicastero più lungo della storia della FIFA, dopo quello del suo predecessore Havelange, e del padre nobile Jules Rimet. Dire che cosà accadrà in futuro è difficile, bisogna aspettare. Non è difficile dire invece, cosa è stato il calcio durante il regno del dirigente svizzero. Di fatti ed episodi ce ne sarebbero tanti da raccontare. Noi italiani pensiamo in automatico allo scandaloso (non solo per noi) mondiale del 2002, e al gran rifiuto del 2006, quando ci fece premiare da Johansson. Episodi emblematici, che però rendono solo in parte ciò che è stato (e ad oggi è) il calcio durante la gestione Blatter.

Che il calcio, come d’altronde la stragrande maggioranza dei fenomeni umani sia sempre stato soggetto alla logica del denaro è innegabile, ma che il calcio abbia avuto ed hauna componente emozionale, un anima trascendentale alla logica del denaro, ecco, la sensazione che si ha, guardando al periodo Blatter, è che la componente emozionale del calcio, sia stata mutilata in nome di un corporativismo bieco e scriteriato, che ha portato inevitabilmente all’emersione di grandi brutture, portando tanti appassionati ad avere la più che netta sensazione che il calcio, più che uno sport sia qualcosa che sta a metà strada tra un comitato d’affari ed un prodotto da showbiz da plasmare in base a quelle che sono le esigenze dell’utenza, o per dirla più biecamente della clientela. Anche qui si possono fare tanti esempi, dall’improponibile assegnazione del mondiale in Qatar, stato fisicamente impossibilitato ad organizzare una kermesse di questo tipo, passando per la modifica della cerimonia del Pallone d’oro, un tempo premio al merito al giocatore più capace di incidere in una stagione, oggi serata di gala in cui si celebra la bellezza del talento che piace, quando il talento dovrebbe celebrarsi in campo.

E’ proprio un calcio arido quello che Sepp Blatter ci lascia in eredità, un calcio incapace, forse davvero o forse per scelta, di vedere tutte le sinistre sovrastrutture che si sono create, agendo sempre in maniera tardiva e mai incisiva per porvi rimedio. Un calcio in cui il massimo della questione morale è stato il vietare di togliersi la maglietta ai giocatori dopo un gol perché di cattivo gusto (salvo poi dire che le calciatrici giocano con divise troppo castigate) e in cui a dominare solo ed esclusivamente è stata la logica corporativa di mercato. Il tutto a scapito della passione e della capacità positiva del pallone di poter essere veicolo di valori ed emozioni positive. Una passione che, fortunatamente resta ancora viva, nonostante tutte le mazzate, in quanto autentico primo motore del calcio, prima di qualunque interesse economico. Una passione dalla quale bisogna ripartire, in maniera costruttiva

Emilio Scibona

Laureato in Storia, proiettato nell'attualità, intossicato dal presente e incuriosito dal futuro. Appassionato di calcio, esaltato dal basket, catturato dal rombo di motore della Formula 1. Rimpiango i tempi che furono ma credo comunque nel domani.

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Emilio Scibona

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