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Torino-Athletic Bilbao 2-2: non basta il cuore Toro, al San Mames servirà un’impresa

Torino ed Athletic Bilbao. Due tifoserie con grandissimo senso di appartenenza. E’questa la sfida che va in scena all’Olimpico. Granata con quella che è pressochè la formazione tipo, baschi (in tenuta verde) con diverso turnover: bomber Aduriz nemmeno è partito per l’Italia; il portiere Iraizoz va in panchina. Per Valverde il campionato (l’Athletic Bilbao naviga nella zona bassa della Liga) è più importante.

Il Torino parte bene, ma al 9′ si ritrova in svantaggio: Aymeric Laporte recupera palla, lancia Viguera che fa fuori un distratto Maksimovic, crossa per Williams (ghanese nato a Bilbao) che – perso completamente dalla retroguardia granata – batte Padelli per l’1-0. Una doccia gelata per i padroni di casa che però reagiscono: e pareggiano meritatamente al 18′: cross di Molinaro per Maxi Lopez che anticipa Aurtenetxe (chiusura sbagliata del laterale iberico) e batte Herrerin. La gara si scalda, il pubblico casalingo prende coraggio, così come i suoi beniamini. Martinez spreca una buona occasione alla mezzora, ma è solo il preludio al goal. Minuto 42′: traversone di Darmian, Maxi Lopez ci mette la testa e ribalta il parziale, mandando in delirio lo stadio.

Nella ripresa il cuore Toro non si placa, tanto da sfiorare il tris al 53′: conclusione dalla distanza di Molinaro, Hellerin si oppone. I ritmi si abbassano, complice anche qualche cambio che spezza il ritmo di una gara che sembra non poter riservare altre sorprese. Errato, perchè al 73′ arriva una nuova mazzata psicologica per il Torino, che subisce la rete del 2-2 da Gurpegi, che di testa insacca una palla lunga di Benat. Ed è ancora Gurpegi a far tremare i ragazzi di Ventura, quando all’82’ centra il palo della porta di Padelli. Gli ultimi minuti sono sofferenza, Benat sfiora il clamoroso 2-3 in pieno recupero ma la sfera esce di un soffio. Spagnoli comunque soddisfatti, granata costretti ad un’impresa al San Mames.

Matteo Mongelli

Classe '94, piemontese di nascita, tra un esame universitario e l'altro segue il calcio alle temperature più improbabili, dalla Scandinavia alla vecchia terra degli Zar. Russofilo e (a breve) russofono, sogna di diventare direttore sportivo e di vivere a San Pietroburgo. Guai a disturbarlo quando gioca il Krasnodar: potrebbe uccidere.

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