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Werder Brema – Eintracht Braunschweig 0-0 – Neve, sbadigli e fischi al termine del match: brutta partita al Weser

WERDER BREMA – EINTRACHT BRAUNSCHWEIG 0-0 –  La gara d’andata, primo posticipo del sabato alle h.18,30, rimase  impresso nelle memoria degli appassionati di Bundesliga come una gara di rara bruttezza. Ma nessuno, all’epoca, poteva immaginare che il match di ritorno sarebbe stato peggio. Finisce a reti bianche una partita condizionata dalla grande paura, con le due squadre attente innanzitutto a non prenderle e poi, semmai ce ne fosse l’occasione ( ma solo se strettamente necessario), pronte ad offendere. Il Werder si schiera con un pragmatico 4-2-3-1, dove uno degli esterni alti è Junuzovic, uomo solitamente schierata davanti alla difesa oppure, quando la squadra si schiera a tre o quattro a centrocampo, centrale in mezzo al campo. Gli ospiti, invece, optano per il 4-1-4-1, con Ademi (una classica seconda punta, brava a creare spazi ma totalmente inefficace sotto porta) unico riferimento avanzato.

Nei primi venti minuti non accade nulla di significativo. Il Werder si schiera sorprendentemente attendista, lasciando le fila del gioco alla squadra di Lieberknecht, che si fa decisamente preferire ai locali. La prima emozione, al venticinquesimo, la regala Hunt, bravissimo a penetrare in area di rigore e a sfornare un cross basso a rimorchio per Petersen, che – di testa – colpisce malissimo il pallone e non inquadra la porta. Il Werder insiste. Passano solo due minuti ed è Junuzović, servito molto bene dal discreto Santiago Garcia, a calciare malissimo di piatto da posizione favorevole. Un giro di lancette ed è ancora Brema: guizzo di Elia sulla linea di fondo, Petersen aggancia la sfera in precario equilibrio e poi, ostacolato da un difensore avversario all’interno dell’area di rigore, calcia sull’esterno della rete. I leoni si svegliano ( ndr: termine forse un po’ eccessivo, ma bisogna dare “pathos” a questo articolo) e creano tre occasioni da rete negli ultimi dieci minuti: al trentacinquesimo, Bičakčić effettua una potente conclusione dalla media distanza che sfiora l’incrocio dei pali; al trentanovesimo, Ademi crossa della sinistra per la testa di Nielsen, che stacca bene in area di rigore ma non angola bene la direzione, facilitando la comoda presa centrale di Wolf; a tre dal temine, Ademi, leggermente defilato sulla parte destra dell’area di rigore, calcia malamente sull’esterno della rete.

Avvio di ripresa condizionato dalla fitta nevicata che si abbatte sul Weser e che, qualitativamente parlando, non promette nulla di buono. Parte decisamente bene la squadra locale. Al terzo, Bargfrede scocca un collo destro potente e preciso che si stampa sul palo a Davari battuto, mentre un minuto più tardi Santiago Garcia – ben imbeccato da un corner dalla sinistra di Hunt – colpisce di testa a botta sicura e si vede respingere la sfera da Elabdellaoui sulla linea di porta. Per vivere un’altra emozione, forse la più forte del match, bisogna aspettare altri dieci minuti. Minuto cinquantotto:  Hunt serve Petersen che, di prima intenzione, gira la palla a Elia; l’olandese raggiunge la sfera e con un preciso piatto batte Davari. Il Weser esulta, ma il guardalinee annulla per fuorigioco (inesistente). Dopo una mezza occasione per l’Eintracht con Pfitzner, il Werder si rende pericoloso con Bargfrede, che prima si vede bloccato il tiro da un intervento a corpo morto di Dogan e poi, sulla ribattuta, s’inventa un pessimo sinistro che termina fra le braccia di Davari. Siamo al settantesimo: è l’ultima “emozione” del match. Gli ultimi venti minuti vengono vissuti dal pubblico, dai tifosi e dai telespettatori ( quei pochi che non hanno cambiato canale) con un unico grande obiettivo: il triplice fischio. E quando arriva, i tifosi presenti sugli spalti del Weser non possono esimersi dal sommergere  di fischi i protagonisti dell’incontro. Povero Werder.

Il Renzaccio

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