A Djalma Santos

Il Capricorno al suo tropico lo partorì gittando in cuor suo il tuono e il fulmine come il padre degli dei,
nascosto in una cesta di frutti,
allevato dalla Terra a saper vivere come quercia allenato dalla Terra a saper correre come toro.
Di bronzo, combattente sotto al sole. Verdeoro.
Abbracciato da Cristo la tigre nella dolce San Paolo.
“Non mi faccio condurre, conduco”
a gambe levate sulla fascia,
divorando come suo padre Crono pietre che diventano palloni
per poi finire in quel paradiso a rete le cui porte aperte dalla chiave Edson libravano nel cielo di Amerigo applausi e occhi giubilanti.
Djalma baciò la Svezia, Djalma baciò il Cile.
E si costruì la muraglia del tempo, sulla fascia, come quando corrono i bambini,
con Elio in faccia, e il sorriso di chi sussurra con la mente al cielo “Io sono stato”.
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APPASSIONATO DI CINEMA, MUSICA, LETTERATURA E CALCIO. I MIEI ARTICOLI LI TROVATE TUTTI SOTTO LA VOCE "LA MACCHINA DEL TEMPO"

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